mercoledì 18 febbraio 2009

Gratin di porri e patate


Andare a fare la spesa, scrivevo nel precedente post, è un compito (ingrato) che tocca sempre alla Spia, a parte qualche rara eccezione. Ci sono giorni in cui sono io a sacrificarmi e a recarmi al vicino supermercato, in genere portandomi dietro un orrendo carrellino (o meglio, carrellone) comprato all'Ikea, tanto comodo e capiente quanto squallido.

Non c'è volta che lo usi in cui non mi sovvengano gli sguardi a metà tra lo schifato e il commiserevole che, quando ero più giovane, rivolgevo alle signore del mio quartiere che si trascinavano dietro un carrello della spesa. Oggi sono io, probabilmente, ad attirare simili sguardi da parte di qualche adolescente che, più che per andarsi a comprare una lattina di coca cola light e un tubo di pringles, non ha mai messo piede in vita sua in un supermercato per fare la spesa.

L'unico modo che conosco per adempiere il compito senza farmi venire un attacco di squallore (i supermercati mi deprimono alquanto) è andarci organizzatissima: lista e penna alla mano, a testa bassa parto dal reparto frutta e verdura e sistematicamente percorro tutti i corridoi, procedendo con metodo e velocità. Svicolo col mio carrellino tra anziani e carozzine con neonati urlanti, eseguendo (non sempre) eleganti gincane in quel percorso a ostacoli che può essere un supermercato nell'ora di punta.

Ma benché mi sforzi di attenermi alla lista, non c'è volta in cui non mi faccia sedurre da qualche acquisto imprevisto. Un giorno può essere una pianta grassa a pochi euro (la mia bella kalanchoë blossfeldiana, per esempio; mai acquisto fu più saggio e dispensatore di grazia e bellezza, per me), ma di solito si tratta di qualche cosa da mangiare, che non era in programma.

Spesso l'acquisto imprevisto avviene al reparto frutta e verdura. Mi faccio trascinare dall'ispirazione del momento e finisco per infilare nel carrello due teste di radicchio rosso (pur sapendo che alla Spia non piace e che io stessa lo trovo troppo amaro), oppure tre kiwi, che compro in preda a tentazioni salutiste e poi restano sul portafrutta ad osservarmi con malinconico rimprovero ogni volta che faccio colazione e a loro preferisco dei wafers (finché non me li mangio, in preda ai sensi di colpa e irritata con me stessa, con molto meno gusto e piacere di quello che avevo illusoriamente immaginato quando li ho comprati), o ancora quattro porri enormi, che poi non so bene come cucinare.

Proprio per via di un paio di porri affetti da gigantismo che da tempo languivano nel cassetto del frigorifero destinato alle verdure, per entrare nel quale erano già stati sottoposti a parziale mutilazione, oggi a pranzo ho deciso di provare una ricetta semplice e nient'affatto esotica, ma che mi ha dato grande soddisfazione: un gratin di patate e (guess what?) porri.

L'ho trovato su un altro libro di Rachel Allen (ricordate la biondina irlandese negativo di Nigella Lawson?), il primo da lei pubblicato, Rachel's Favourite Food. Come per quasi tutti i libri di esordio, si vede bene che l'editore non ha voluto scommetterci troppo: ha un aspetto che definire austero è dire poco, una grafica spartana, poche fotografie e alcune illustrazioni stile anni '50 che trovo di una bruttezza quasi insopportabile. Però, come scrivevo riferendomi a questa autrice, a un'apparenza non pretenziosa si accompagna un solido contenuto e tanto basta.

Fino a qualche giorno fa, questo smilzo volume era posato sul mobiletto del bagno e veniva da me diligentemente studiato (con tanto di annotazioni e post-it segnalibro) ogni mattina.
Io sono quella che Umberto Eco definirebbe probabilmente una lettrice 'policronica', vale a dire che leggo più libri contemporaneamente e quindi ne ho di sparpagliati per tutta casa, tutti in lettura.

A ciascuno di loro corrisponde un luogo preciso e un determinato momento della giornata e al libro di cucina (qualunque esso sia) spetta di diritto la sessione mattutina in bagno (non contano le consultazioni voluttuose da cui trarre ispirazione o semplice conforto, che invece avvengono, di solito nel pomeriggio, sul tavolo bar della cucina, con me appollaiata
sullo sgabello come un pappagallo sul trespolo, che mi beo).

Al romanzo di turno va il comodino e la lettura dopo pranzo. Insieme a lui, sempre sul comodino, il libro che in teoria dovrebbe traghettarmi verso sonni sereni (quasi sempre un self-help book, da cui dovrei trarre ispirazione e stimoli per migliorarmi... dovrei...) e che dunque viene letto solo la sera prima di addormentarmi. Sulla scrivania in sala, affiancato da un quaderno per gli appunti, il saggio (che può essere di vario argomento) che leggo nel pomeriggio.

Come si evince da queste righe, sono la persona più abitudinaria e casalinga che ci sia. Un giorno scriverò a lungo sulla mia passione per i rituali quotidiani, ma non ora, ora torniamo alla ricetta (questa mia orribile tendenza ad aprire parentesi infinite, tonde, quadre e graffe, e a divagare senza posa...).

Non si tratta di un piatto fancy, come direbbero gli inglesi, cioè stuzzicante, un po' particolare. È, al contrario, un'onesta pietanza invernale, casalinga, di quelle da mangiare con un po' di prosciutto crudo o un po' di formaggio
(o come contorno a qualche robusto piatto di carne), una fetta di pane e qualche noce a completare il pasto. Magari non il tipo di ricetta che può venire in mente quando si hanno ospiti a cena e li si vuole un po' stupire, ecco. Ma è buona e facilissima e la cucina di tutti i giorni, lo si sa, è fatta proprio di piatti così.

Ecco dunque le dosi (per 6):


50 gr. di burro
300 gr. di porri (due affetti da gigantismo), lavati e tagliati a rondelle di circa 1/2 centimetro
3 spicchi d'aglio, schiacciati con lo spremiaglio o tagliati molto finemente
2 cucchiaini di timo o rosmarino
1 kg di patate (più o meno 6, dipende dalla grandezza), sbucciate e tagliate a fette di circa 1/2 cm.
350 ml di panna (io ho usato panna e latte, perché a corto della prima)
sale e pepe

Mettete in una padella il burro, i porri, l'aglio e il timo o il rosmarino (io ci ho messo il timo perché lo preferisco e perché ne ho una pianta in terrazza; quella di rosmarino in veranda si è da tempo lasciata morire) e fate cuocere a fuoco lento e col coperchio finché i porri non siano trasparenti e morbidi (almeno 5 minuti, direi, meglio ancora 7-8, io preferisco sempre abbondare con la cottura).

Intanto, in una pentola di acqua bollente, scottate per 4-5 minuti le fette di patata. Scolatele e adagiatele in cerchi concentrici e leggermente sovrapposti in una tortiera imburrata. Salatele e pepatele, copritele con i porri, versate sopra la panna e mettete il tutto nel forno preriscaldato a 180 gradi per 45-55 minuti.

Mangiate e godete, lieti della consapevolezza che esistono ancora piaceri onesti e a buon mercato!


Rachel Allen, Rachel's Favourite Food, Gill & MacMillan, Dublin 2004.

2 commenti:

  1. Buono!!!
    però mi sembra che anche questo appartenga alla categoria "anche una suola di scarpa": che cosa non è buono fritto nel burro e sommerso di panna? e per giunta con le patate?
    Poveri i popoli, particamente tutti, ma in particolare quelli del nord europa, che non conoscono il più sacro degli alimenti, cioè l'olio d'oliva...
    Se posso permettermi, dato che sei riuscita (o no?) a far mangiare dei porri a Valerio, ti suggerisco un risotto, cucinato come i più classici (e qui forse lo spione avrà più voce in capitolo) con i porri e il latte (che andrà aggiunto da metà cottura in poi invece del brodo). Anche qui siamo sul grasso animale, ne convengo, ma molto più blando... se non altro ha il vantaggio di non fare friggere i porri, che io trovo buoni, ma assolutamente indigeribili, in particolare quando sono fritti, molto molto più delle cipolle (ma lo stomaco delicato come sai è un difetto di famiglia).
    Bon appetit!
    L.

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  2. Oh sì, lo conosco molto bene questo risotto! Ho avuto il privilegio di mangiarlo, e proprio cucinato da te (un Natale che sei venuta a trovarci a Cipro, ti ricordi?).
    Pensa che invece io ho più problemi a mangiare cose cotte nel latte che fatte appassire (non friggere!) nel burro, e l'abbinamento riso e latte è per me - che ho notoriamente uno stomaco capace di digerire ed assimilare praticamente qualunque cosa esistente in natura - uno dei più esiziali in assoluto!
    A presto!

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