
Da questo punto di vista, infatti, dalla prima all'ultima riga, questo libro è autentico e reale, nel senso che vi si ritrovano intatti il timbro e il ritmo della narrazione tipici di questo attore.
E per chi, come me, è nato e cresciuto a Roma, la storia assumerà subito un sapore di verità in più: la parlata, lo spirito della città, e soprattutto della sua periferia più povera e disperata, sono riprodotti con fedeltà assoluta, con rigore da filologo, da etnoantropologo, così come è resa con assoluto e dolente realismo la bruttezza quasi dolorosa di quel che resta delle campagne subito intorno a Roma, di quelle rive spelacchiate e arse di rifiuti del Tevere dove tra canneti e ciuffi di erbe selvatiche si arrugginiscono carcasse di motorini rubati e lavatrici e si coprono di muffe e ragnatele sanitari abbandonati e poltrone sfondate.
Nessuna freddezza, però, nell'operazione. Nessun senso di compiaciuta artificiosità, anzi.
Baliani riesce nella difficile alchimia di costruire una storia unica, irripetibile, straordinariamente caratterizzata e splendidamente inserita in un contesto storico e geografico particolare e al tempo stesso rende questa storia un mito che qualunque lettore può sentire suo.
Siamo stati tutti bambini, e dunque più o meno ostaggi delle prevaricazioni degli adulti, della loro violenza o indifferenza, ammutoliti dall'impotenza e dall'ignoranza della vita, ma anche estatici visitatori di mondi magici e incantati popolati di esseri fatati alleati del Bene o del Male e sovrani assoluti di regni solo nostri, magari anche solo per una stagione, o per una notte, unici e prescelti interpreti e decodificatori di quel linguaggio misterioso e segreto parlato dalla natura che a volte, dal suo mutismo, affida proprio a noi messaggi che parlano di redenzione, salvezza, iniziazione.
(Marco Baliani è prima di tutto un attore, l'esponente più rappresentativo, insieme a Marco Paolini, del cosiddetto teatro di parola o di narrazione.
L'unico suo spettacolo che ho visto, Tracce, non prevede alcuna scenografia. C'è solo una sedia sul palco, illuminata da un faretto. Su quella sedia Baliani si siede all'inizio dello spettacolo e lì rimane, per più di due ore, senza interruzione. A parlare, a raccontare storie, miti, favole, a recitare poesie, a improvvisare, anche, ché il suo Tracce è uno spettacolo sempre diverso, che cambia a seconda della serata, del pubblico, dell'umore suo e dell'atmosfera che respira in sala.
Un teatro vivo, il suo, e reale, anche quando racconta le fiabe dell'infanzia, quelle degli orchi e delle vecchie streghe che vivono nel bosco, e permeato di grande tenerezza, a tratti, e anche di rigore, di malinconia e di umorismo.
Baliani è empatico con il pubblico, gli è vicino, lo coinvolge, lo ammalia, ma con rispetto, con garbo. Non fa il piacione, non ammicca, non strizza l'occhio a conquistare un consenso facile e un po' drogato che, subito dopo, lascia in chi lo ha accordato la sgradevole sensazione di essersi lasciato andare in modo sconveniente.
Uscita da quelle due ore e passa di spettacolo, ricordo di aver avuto la testa e il cuore ribollenti di pensieri, riflessioni, immagini; seduta nel buio del taxi mi ripassavo nella mente una lunga lista di libri e musica da trovare, leggere, ascoltare, in preda a un'estatica, feroce e gioiosa esaltazione. Baliani infatti è generoso: offre spunti a migliaia, lancia esche, apre prospettive nuove, inedite, annoda fili, tesse trame, crea connessioni, mostra disegni, percorsi, condivide.
Nei tempi squallidi e piccini in cui ci tocca vivere adesso, una serata così riconcilia con la vita e con il mondo, e restituisce allo spettatore riconoscente la speranza in ciò che ancora può essere una persona: un essere pensante, intelligente, ma soprattutto sensibile. Alla realtà che lo circonda, certo, ma soprattutto alla realtà interiore, sua e degli altri, cui cerca di tributare il rispetto che le è dovuto.)
Marco Baliani, Nel regno di Acilia, Rizzoli 2004.
Che bel post! Non conoscevo Baliani né il libro. Interessante il video che hai linkato. Forse il teatro di narrazione non è Il Teatro (così come ammette Baliani stesso) però fotografa la realtà in cui viviamo. Ottimo spunto. Grazie.
RispondiEliminaCiao Barbara, sono contenta che questo post ti abbia fatto conoscere Baliani e ti abbia dato un nuovo spunto. È anche più di quanto mi proponessi scrivendolo!
RispondiEliminaUn abbraccio
ciao Duck, hai visto che a Firenze c'è stato Paolini per Emergency??
RispondiEliminaClelia
@ Clelia: ho visto, sì! Ma io ora sono in Puglia! Peccato esserselo perso. A presto!
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