mercoledì 30 dicembre 2009

Dell'incapacità di scegliere o della sindrome del "Potevamo" (e di alcuni biscotti [volendo] alla cannella)


La Spia e sua madre non hanno quel che definirei 'un ottimo rapporto'.

O meglio.

La Spia e sua madre hanno un ottimo rapporto, a patto che tra di loro ci siano almeno 333 chilometri, che sono esattamente quelli che, secondo Google Maps, separano la casa dell'una a Milano da quella dell'altro a Firenze.

La Spia e sua madre si sentono regolarmente al telefono. Parlano molto e ridono spesso, si danno reciprocamente consigli (lei viene spesso chiamata per consulti gastronomici - è cuoca sopraffina ma sommamente anarchica; lui viene invece interpellato per le ragioni più varie), si raccontano un sacco di cose, commentano indignati o divertiti notizie di attualità, si scambiano titoli di libri, si segnalano a vicenda film da vedere, musica da ascoltare, spettacoli teatrali cui assistere, programmi interessanti (quando ce ne sono, dato il per lo più desolante panorama televisivo).

La madre della Spia ama sommamente chiamare la Spia e dargli notizie allarmanti che ha letto su un giornale dimenticato in metro da qualcuno o ha sentito durante un programma tv visto a notte fonda con un occhio solo. In entrambi i casi, il ricordo della notizia è vago (sulla metro si distrae per guardare la gente; a notte fonda dormicchia sul divano davanti alla tv e poi si sveglia, guarda 3 minuti di programma e poi si riaddormenta, e poi si sveglia ancora e via così fino a mattina) e i pochi dati buttati giù su un foglietto strappato da qualche parte e annotati con la sua grafia alla Dalì non sono mai molto chiari, ma a lei piace moltissimo, dopo un breve preambolo, tuonare nella cornetta qualcosa del tipo: "Hanno detto che non bisogna più mangiare i mandarini! Sono cancerogeni!".

Questa è la griglia-tipo su cui la madre della Spia, negli anni, si è sbizzarrita a ricamare canovacci sempre diversi (con grande divertimento suo e nostro). Variazioni gustose e che mi sono rimaste impresse sono state (cito a caso):
"Hanno detto che non bisogna surgelare il pane!"
"Hanno detto che non bisogna conservare i cibi nei sacchetti di plastica!"
"Hanno detto che non bisogna lavarsi!"
Chi siano questi 'Hanno detto', cioè le fonti di tali notizie, è sempre cosa assai difficile da appurare. A volte impossibile. Facile da prevedere, invece, la conclusione di ogni nuovo diktat: "E' cancerogeno!".

Quando la Spia e sua madre, invece di parlare al telefono, si incontrano e trascorrono insieme più di 24 ore, sono dolori.
Hanno entrambi la straordinaria capacità di agitarsi a vicenda in modo delirante, portandosi reciprocamente prima alla frenesia e poi all'esasperazione, facendo tutto ciò che sanno irritare l'altro.

Io penso che questo sia il loro modo contorto e involuto di volersi bene, di riconoscersi simili, di fare un po' a pugni per sfogare certe tensioni che risalgono almeno al 1968.

Per chi assista a simili incontri di boxe, lo spettacolo può non essere piacevole.
Ricordo con orrore certe occasioni in passato in cui ho assistito alla creazione delle tipiche, elettriche atmosfere che riescono a prodursi tra i due. Ero sempre molto stupita che non si materializzasse tra le loro teste una nuvolona grigia e pesante di fulmini.

Con gli anni ho imparato a non aver paura di simili tempeste. So che si scatenano periodicamente, che sono terribili a vedersi, ma anche che passano senza quasi lasciare traccia.
Soprattutto ho imparato che non sono affari miei, e il rendermene conto è sempre meravigliosamente confortante.

Io e la madre della Spia abbiamo moltissime cose in comune. La Spia ogni tanto se ne rende conto e ci resta secco. Mi guarda sconvolto e mi dice "Madonna come mi sembri mia madre".
A volte la frase viene pronunciata con una sfumatura di malcelato orgoglio, altre con irritazione o sgomento; altre ancora, e sono la maggior parte, con divertita rassegnazione. La Spia non è certamente il primo uomo che ogni tanto pensa di aver sposato un clone (benché mascherato, benché travestito) di sua madre.

Se c'è una cosa che io e mia suocera abbiamo senz'altro in comune è la sindrome del 'Potevamo'.

Ci tormenta entrambe un'orrida propensione a mantrugiarci per tempi eterni e indefiniti nell'indecisione. L'idea di scegliere e di precluderci un'alternativa ci uccide. La prospettiva di dover ridurre ad un numero ragionevole l'infinita gamma di possibilità che la vita ci offre nelle più svariate occasioni ci rattrista e a volte ci fa arrabbiare. Come sarebbe bello poter fare tutto! Non dover mai scegliere! Poter andare quindici giorni al mare e altrettanti a Parigi quando si ha solo una settimana di vacanza e bisogna decidersi per una meta sola.

Abbiamo milioni di programmi, uno più faraonico e complicato dell'altro e vorremmo realizzarli tutti, indifferenti alla voce (quella della Spia) che ci richiama alla realtà nuda e cruda dei fatti e delle leggi della fisica. Quando infine, dopo estenuante agonia, scegliamo, non siamo mai del tutto persuase della bontà della nostra scelta e saliamo sulla diabolica giostra del 'Potevamo'.

Vi faccio un esempio, per chiarire.

Ci sono poche cose al mondo che ci divertono di più dell'idea di organizzare un pranzo o una cena.
Ma quando lo facciamo, la nostra mente comincia a viaggiare a velocità supersonica, sfogliamo decine di libri, elaboriamo almeno 5 diversi menu che poi scomponiamo, ricomponiamo, modifichiamo, cancelliamo, ripeschiamo.

Alla fine, quando decidiamo cosa fare, siamo già stanchissime anche senza aver toccato un mestolo. Ma ci rimane sempre il rimpianto di quello che avremmo potuto preparare e non abbiamo preparato, il sospetto che se avessimo scelto quel primo e quel contorno, che invece abbiamo deciso infine di non cucinare, il menu sarebbe stato ancora più strabiliante, o più equilibrato, o più raffinato.

Quando la Spia sente me o sua madre pronunciare la fatidica paroletta "Potevamo..." (che prelude a frasi di ogni genere, del tipo: "Potevamo fare i cannelloni invece che i tortellini", "Potevamo andare a passeggio invece che al cinema", "Potevamo farci la doccia invece che il bagno" e via così), comincia a innervosirsi. Sgrana gli occhi azzurri ed espira col naso come se fosse un soffione boracifero.

Il mio ultimo "Potevamo" ha riguardato proprio questo blog.

Volevo fare le cose per benino. Pubblicare qualche post pre-natalizio con ricette e foto suggestive (oddio, che parola grossa; qui ne vedete due esempi: in alto la renna Olga, indispensabile ninnolo natalizio che, a dire il vero, fa bella mostra di sé tutto l'anno [regalo della suocera, tra l'altro]; in basso l'alberello in fil di ferro e perline comprato a Lusaka), magari dare anche qualche (non richiesto) consiglio sui regali di Natale da fare con le proprie sante manine.

Invece niente di niente. Tra l'effettivo delirio festivo che mi ha tenuta lontana dalla tastiera e l'indecisione orrenda su che cosa pubblicare ("no, questa ricetta non mi convince" "nooo, quest'altra non è sufficientemente natalizia" "noooo! questa qui non è abbastanza testata!"), ho finito per non fare nulla (manifestazione naturale e comune, anche se non automatica, della sindrome del "Potevamo").

Ed ora che manca un giorno alla fine di questo 2009, vi scrivo la ricetta dei biscotti che ho regalato un po' in giro, dei semplicissimi biscotti che faccio tutto l'anno ma che, con una semplice aggiunta di cannella (ed eventualmente di zenzero) e una 'pucciata' nel cioccolato fuso, fanno la loro porca figura anche come piccolo regalo.

E' tardi, lo so. E' tardissimo.
Siate pazienti. Come la Spia lo è con me e con sua madre.

I biscotti sono comunque buonissimi, indipendentemente da quando decidiate di farli.


da Feast di Nigella Lawson

per 25-30 biscotti

90 gr. di burro
100 gr. di zucchero
1 uovo
1/2 cucchiaino di estratto naturale di vaniglia
200 gr. di farina
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di sale
(1 cucchiaino di cannella, facoltativo)

Secondo il mio sistema - che dovreste ormai conoscere - mettete tutti gli ingredienti secchi nella coppa del robot da cucina, azionate per una decina di secondi, poi unite l'uovo.

Quando sta per formarsi la cosiddetta palla, tirate fuori l'impasto, dategli due-tre 'smucinate' (termine tecnico ad indicare delle rispettose ma vigorose manate, atte a permettere all'impasto stesso di assumere una qualche compattezza e forma), appiattitelo, avvolgetelo nella pellicola e mettetelo in frigorifero per almeno un'oretta.

Preriscaldate il forno a 180°.

Con il mattarello, stendete l'impasto fino a che raggiunga uno spessore di circa 1/2 cm.

Usate i vostri stampini per biscotti preferiti (ricordate che se decidete di usarne di diverse dimensioni dovrete stare attenti alla cottura: quelli più piccoli cuoceranno, ovviamente, prima di quelli più grandi).

Fate cuocere per 8-12 minuti (la solita storia del 'ogni forno è diverso' e bla bla bla). I biscotti dovranno essere piuttosto pallidi, con i bordi appena dorati.
Fate raffreddare su una gratella.

Sciogliete una tavoletta da 100 gr. di cioccolato fondente e intingetevi i biscotti.
Man mano che li depositate sulla consueta gratella, sotto la quale avrete messo un foglio di carta da forno per raccogliere eventuali sbrodolamenti, mangiatene qualcuno.

Se non lo faceste, dopo averli tutti regalati ai vostri amici, potreste ritrovarvi anche voi a pensare malinconicamente: "Potevamo mangiarne qualcuno..."

Enjoy!

12 commenti:

  1. buon anno ! :-) i biscotti li mangio con gli occhi !

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  2. Vera carissima, buon anno anche a te!
    Sono andata a curiosare sul tuo blog perché mi dispiace così tanto non poterlo leggere (a parte il post sullo scambio delle scatole di latta!) e ho visto un angolino della tua casa che mi ha fatto innamorare: un tavolo con un telaio pronto per il ricamo, una macchina per cucire con la sua bella fodera, una finestra su una via innevata.
    Che bello!

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  3. Innnzi tutto buon anno! Credo a questo punto di aver letto a ritroso tutto il tuo blog, di aver copia-incollato un sacco di ricette e di trovarmi benissimo in questo angolino virtuale. Complimenti davvero, per tutto. E auguri per il 2010.

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  4. Auguri a te, cara Milady!
    E che fatica improba quella cui ti sei sottoposta!
    Ma sono molto contenta (e lusingata) che tu l'abbia fatta.
    A presto!
    :-)

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  5. Mmm.
    Separati alla nascita.
    Non sai quanto mi rispecchio in quanto hai scritto, grazie di averlo fatto, mi sento meno sola (a volte mi è parso davvero difficile stare di fronte a certe situazioni).
    Ti abbraccio forte,

    wenny

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  6. Cara Wenny,
    tanti auguri!
    E che questo 2010 ci aiuti a prendere un po' più spesso il toro per le corna!
    Baci
    :-)

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  7. è la terza volta che torno a leggere questo post. ogni volta col solito piacere di ritrovare il tuo modo di raccontare. sei (fra le altre cose) una comica nata. lo sapevi? e sallo, ragazza mia! sallo!
    buon anno! :)

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  8. Ciao cara, buon anno anche a te!
    Oh sì, mi piace fare un po' il pagliaccio!
    Quello della comica è un destino che avrei voluto vivere in questa vita (insieme ad altri duemilacinquecentoventitré).
    Mi rifarò nella prossima!
    :-)

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  9. Carissima,
    Ricetta provata con la Vitto che aiutava(ti mandero' una foto mentre tira l'impasto con il mattarello) e sono venuti buonissimi. La pucciata nel cioccolato necessita di perfezionamento, ma nel complesso e' stato un ottimo prodotto. Come sempre sei una garanzia!! Cagozzi & Co.

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  10. Uh non vedo l'ora di vedere questa foto!
    Come si suol dire 'tale padre, tale figlia', evidentemente!
    E a quando 'tale moglie'? Mi sa che la bionda ha capito tutto della vita e lascia spignattare te! :-)

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  11. Ti lascio qui gli auguri per natale, Duck carissima!
    Bacetti:)

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  12. Giacinta, che cara. Fino a qui sei venuta per farmi gli auguri - che ricambio, insieme ai baci

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