domenica 25 ottobre 2009

L'amico delle donne di Diego Marani

Ho letto recensioni contrastanti su questo ultimo romanzo di Diego Marani.
Alcune, scritte da donne, molto molto critiche. Altre, scritte per lo più da uomini, molto più generose (e la cosa, di per sé, mi sembra già molto interessante. Un giorno che ho più tempo mi riprometto di rifletterci per benino).

Quanto a me, sinceramente non so bene che cosa pensarne. E' un libro che mi ha suscitato molte riflessioni, senz'altro, ma dalla lettura per me assai poco amena e che ho trovato, a tratti, di una pesantezza micidiale e indigesta.

Comincio col dire, forse contraddicendomi, che Diego Marani mi fa simpatia; prima di tutto uno che si inventa una lingua nuova, l'europanto, con il quale ha tenuto per anni una rubrica su un giornale svizzero, non può non starmi simpatico.
Poi perché è nato a Ferrara, e a me quelli che sono nati in Emilia (ma anche in Romagna) mi stanno simpatici d'ufficio.
Hanno quasi sempre, oltre a quella parlata irresistibile, quei bei faccioni sereni, quell'atteggiamento benevolo nei confronti della vita e del prossimo, eppure sono anche persone spesso capaci di appassionati slanci, utopistici e ideali.
E' un'immagine oleografica e pittoresca, lo so. Ci saranno anche rispettabilissimi figli 'ntrocchia tra quei simpaticoni, non lo metto in dubbio (io, però, non ne ho mai incontrati, a dire il vero). E' fatale. E' la vita.
Ma per me gli emiliani e i romagnoli sono tutti così: bonari, bendisposti, sempre pronti a risolver tutto con uno gnocco fritto o un piatto di tortelli e ad offrire con generosità un bicchiere di Lambrusco.

Per tornare al romanzo, penso che la sua cifra caratteristica sia lo squallore.
Non quello morale che pure ho visto attribuire al protagonista, in molte di quelle recensioni femminili cui accennavo all'inizio. Lo squallore in generale.
Ambientato a Trieste, città che credo chiunque potrebbe definire in molti modi, ma che si potrebbe difficilmente caratterizzare come 'squallida', il romanzo riesce nell'impresa di presentarcene gli aspetti meno romantici e attraenti, introducendoci in case semi fatiscenti, coi muri offesi dall'umidità, i mobili velati di polvere, le cucine in cui muffiscono strofinacci e spugnette per i piatti e portandoci in strade periferiche e ingrigite da una sonnolenta malinconia.

Il protagonista di questo romanzo si chiama Ernesto e quella Trieste tanto triste e sottotono in cui si muove è il suo, se così si può dire, correlativo oggettivo.
Ernesto è professore in un liceo e conduce un'esistenza opaca e tutto sommato solitaria.
E' un uomo ossessionato dalle donne. Non riesce a vivere senza di loro, senza il brivido che gli dà l'innamorarsene e il conquistarle. Per farlo, si ingegna, attinge ad ogni sua risorsa: inventa gentilezze, premure, attenzioni che ogni donna vorrebbe vedersi riservate; crea, ogni volta, un Ernesto nuovo, un personaggio fittizio, fatto su misura per la donna di turno.

Non è mai diretto nei suoi approcci, Ernesto. La prende alla larga, si insinua piano piano nel cuore delle sue donne: le studia, le osserva, ne memorizza gusti, simpatie, idiosincrasie, ne diventa amico, ne conquista la fiducia, le lusinga, le fa sentire speciali, uniche, dee, le ubriaca di attenzioni, fa loro intravedere paradisi di romanticismo e delicatezze, sempre mantenendosi corretto, rispettoso, mai volgare, mai rapace.
Le porta quasi all'esasperazione, con il suo modo di fare la corte al tempo stesso esplicito e sfuggente; sono quasi sempre loro che alla fine gli si buttano addosso. Quello è il suo momento di trionfo: quando la donna del momento, vagheggiata fino allo spasimo e alla demenza, 'circuita' con garbata tenacia, infine si arrende all'assedio, anzi, si lancia direttamente dalle mura della città tra le braccia del suo implacabile e appassionato assediante.

Ma subito dopo, appena le ha fatte sue, altrettanto alla larga, Ernesto le sue donne comincia ad abbandonarle. E qui, alcune recensioni femminili hanno detto di lui peste e corna: è uno sfruttatore, una sanguisuga, uno squallido sciupafemmine; insomma, uno di quei figuri un po' tristi, un po' criminali, che quasi tutte le donne, almeno una volta nella vita, si sono trovate di fronte e dai quali, più spesso di quanto avrebbero voluto, si sono fatte anche portare in giro, magari per un bel po'.

Io non credo sia questo il punto. Ernesto non è un conquistatore seriale, se così si può dire; non è un narcisista, un egocentrico, e nemmeno un eterno Peter Pan. Non è uno squalo sempre alla ricerca di una nuova preda, di carne fresca da straziare. Non è un forzato della conquista, un Don Giovanni di provincia che si vanta del proprio carniere.

E' un uomo solo, incapace di entrare realmente in contatto con se stesso e con il mondo. Non è che si stufi delle donne perché alla fin fine lo annoiano o lo deludono.
E' solo che non è capace di appassionarsi realmente a nulla: non al suo lavoro, non ai suoi studenti, nemmeno a quelle donne che, pure, per qualche mese, quelli in cui egli cerca di conquistarle, riescono a fargli vivere gli stati estremi del desiderio, dello struggimento, della poesia.

Non so capire se Ernesto si appassioni solo a se stesso.
Forse sì, forse è questa la sua unica, grande, infinita, vera storia d'amore e, se si innamora, si innamora solo del suo modo appassionato e fasullo di innamorarsi, di quell'Ernesto cavaliere delle fiabe, gentile e insieme ardito, cortese e trepidante come un trovatore provenzale, creatura fittizia che induce le sue donne a credere reale e nella cui esistenza, alla fine, crede anche lui, come un'illusionista che finisca per incantare anche se stesso, oltre agli spettatori.
O forse no, ché alla fine queste donne si riprendono, tornano alla vita, vanno avanti, si vogliono bene; mentre lui, invece, rimane sempre ostaggio delle proprie fantasie, scollate dalla realtà, si nega alla vita e all'amore, dunque non si vuole bene, non si ama e non si piace.

Delle uniche due donne che in fondo gli sfuggono e si sottraggono al suo abbraccio avvolgente e al suo lento ma inesorabile ritrarsi, la giovanissima Lucia (con cui pure ha un'appassionata e torrida relazione sessuale) e la slovena Jasna (che si fa brancicare un po' sui sedili posteriori di una corriera solo per aiutare il suo fidanzato carrozziere cui Ernesto porta, di contrabbando, alcuni fanali di auto [tanto per parlare di squallore...]), Ernesto fa in fondo un'unica donna, alla quale infatti manda la stessa identica lettera, in duplice copia, nella quale scrive, con accenti ispirati e malinconica mestizia, di quella vita che insieme avrebbero potuto avere e non hanno avuto, di quell'amore bello e immortale, appena intravisto, che avrebbe potuto unirli e non li ha uniti.

Una storia trita e ritrita, insomma, già vista e sentita infinite volte, da tutti noi.
E molto triste.


Diego Marani, L'amico delle donne, Bompiani 2008.

21 commenti:

  1. non mi ispirava molto in libreria questo libro.... e mi sa proprio che da quel che scrivi tu.... avevo visto giusto! Grazie per la segnalazione. Ciao

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  2. Ciao Laura,
    sì, come dicevo già a qualcun altro, ci sono sicuramente altri libri più meritevoli di essere letti. Questo è più un libro da biblioteca, non da libreria. Lo prendi in prestito, lo leggi, vedi com'è e se ti piace. Se sì, fai sempre in tempo a comprartene una copia da qualche parte; se no, lo riporti in biblioteca senza sentirti troppo delusa e senza sensi di colpa.
    Grazie per la visita, a presto.

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  3. Mmm, Ernesto. Si, un Ernesto lo abbiamo incontrato un pò tutte, lo credo anch'io: e sono d'accordo con te nell'affermare che una donna è più capace di riprendersi e "riattivarsi" (per esperienza diretta e indiretta posso dir così).
    Se trovassi questo libro su una panchina probabilmente lo leggerei, riservandomi il diritto di mollarlo in qualunque momento ;)
    grazie, buona giornata,

    wenny

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  4. il diritto di mollare un libro che non mi piace me lo ascrivo sempre, anche se l'ho comprato...
    conosco Marani personalmente e trovo i suoi libri pesanti come lui: di ogni cosa fa uno stendardo, un proclama, fino all'involontaria ironia.

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  5. Ciao Grazia,
    io invece, tranne rare, fulgide eccezioni, difficilmente mollo un libro senza ripensamenti, senza sciocchi rimorsi (nei confronti di chi, poi? mistero...).
    Davvero Marani è un mattone?
    Chi l'avrebbe mai detto, con quella faccia un po' da inventore pazzo... mai fidarsi delle apparenze!
    Ciao, a presto!

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  6. Ciao Wenny,
    sì, credo che il tuo sia l'approccio giusto!

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  7. lo so, anch'io ci ero cascata, ma è il tipo che ha di sè un'opinione talmente alta da non ammettere contraddittorio. ha una bellissima intelligenza però, e una mano fatata per il disegno.

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  8. Ah be', sono contenta che abbia queste due qualità a (parzialmente) redimerlo.
    Ma tu sei la (pro)zia Grazia?
    Se sì, accolgo con enorme piacere il frutto della tua perseveranza e ne sono lusingata. Evidentemente hai risolto i problemi che ti creava blogger per lasciare i commenti.
    Se no, benvenuta!

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  9. Già , proprio trito e ritrito. Non mi sembra che dia un contributo in qualche senso, se non per allagare l'animo di tristezza, tristezza inutile, però. Non ho più molta facilità di leggere con un paio di lavori e una famiglia con una furietta piccola di tre anni e mezzo per casa. Ma se trovo 10 minuti al giorno per tornare a leggere qualche riga, mi terrò ben alla larga da questo libro ! :-)

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  10. Ciao Marilì,
    il 'trito e ritrito' era riferito, più che al romanzo, alla storia che vi viene raccontata, ché tutti noi conosciamo qualche Ernesto, incarnazione banale di quella fuga dai sentimenti veri, dall'impegno e dalla condivisione, che viene (a volte frettolosamente e in modo superficiale) considerata generalmente caratteristica deteriore della psiche maschile.
    Personalmente, e spero che si capisca dal mio commento, non trovo il suo personaggio squallido dal punto di vista morale, ma squallido nel senso di triste, di avvilente.
    Comunque se il tempo a disposizione per leggere per te è un bonus, opta senz'altro per qualche lettura più amena!
    Grazie della visita!

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  11. ciao Duck, non sono la (pro)zia...
    è comunque complesso mandare commenti, io ad esempio ci riesco solo da un certo pc.
    vai a sapere...
    grazie del benvenuto

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  12. Ciao Grazia,
    mannaggia a questo sistema di commenti che ha blogger!
    Dall'alto della mia ignoranza non so davvero come aiutarti, ma mi fa piacere che tu non ti sia lasciata dissuadere dalle difficoltà!

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  13. Ciao a tutte,
    capito per caso sul vostro blog e vorrei dire due parole sul libro di Marani. Non conosco di persona lo scrittore, ma sono una sua assidua lettrice e trovo questo libro profondo e delicato. E' vero che è un libro triste ma non vedo cosa ci sia di male a raccontare la tristezza. E' vero che parla di argomenti triti e ritriti. Conoscete libri che parlano di cose mai sentite? Io trovo che Marani sia bravissimo a scandagliare il cuore maschile, forse anche con un coraggio che di solito gli uomini non hanno. C'è anche da dire che i libri di Marani sono diversissimi l'uno dall'altro e trattano argomenti molto diversi. La sua scrittura è comunque sempre elegante, pulita, in fondo classica e in certi libri anche molto divertente. Certo non si può essere divertenti quando si parla di malinconia. Non trovo proprio che Marani sia un mattone. Forse è il lettore di oggi che ormai legge solo i libri che assomigliano ai fumetti. Mi sembra invece che Marani sia uno scrittore serio, che cerca, che prova vie diverse. Provate anche voi a leggere altro di lui e vi farete un'altra opinione.

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  14. Ciao,
    sono molto contenta che sia arrivato anche il tuo commento, ignota visitatrice!
    Soprattutto perché mi dà l'opportunità di essere un po' più chiara su alcuni punti che nel mio commento al libro sono evidentemente andati persi.
    Prima di tutto sono d'accordo con te circa lo stile di Marani, che è in genere classico e a tratti di una sottile, elegante ironia.
    Ho letto di lui Nuova grammatica finlandese, dove ritorna questa figura di uomo solo, malinconico, quasi raggelato e anche il ben più leggero e ameno Come ho imparato le lingue e, come dicevo all'inizio del post, ho sempre provato per lui un'istintiva e insopprimibile simpatia.
    Il 'trito e ritrito' cui ho fatto riferimento anche rispondendo al commento di un'altra visitatrice non era riferito alla storia di Marani (intesa come storia poco eccitante e noiosa), né al suo modo di scriverla (benché non nascondo di aver trovato questo romanzo piuttosto faticoso alla lettura), ma al tipo di uomo e al genere di modalità sentimentale ed esistenziale che connota il protagonista, che potrei definire una 'maschera', vale a dire un tipo umano a mio avviso triste e che mi fa molta malinconia e che è trito e ritrito perché ahimé diffuso e di cui tutti, più o meno, conosciamo o abbiamo conosciuto almeno un'incarnazione.
    Detto ciò, sono contenta che tu abbia trovato piacevole la lettura di questo libro; personalmente non mi reputo una lettrice di romanzi che assomigliano ai fumetti, se è vero che la mia autrice preferita è Virginia Woolf, né rifuggo libri che raccontano la malinconia, la tristezza, la solitudine o il gelo affettivo. Pure, come già detto, non ho trovato, nella lettura di questo romanzo, quel piacere, quella fluidità e scorrevolezza che ho trovato in altre letture, ma anzi, ho proceduto con fatica, con lentezza e con una certa pena.
    Grazie molte per il tuo contributo, sei sempre la benvenuta!

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  15. Bella recensione, bellissima successione di commenti. Fa piacere vedere tanta condivisione, davvero.

    E anche se sono un semplice visitatore come lei, mi sento di ringraziare anch'io lettrice anonima per il suo punto di vista, certamente arricchente.

    Ah, no, non ho ancora letto nulla di Marani, ma un po' di curiosità adesso c'è!

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  16. Grazie Alf, apprezzo sempre moltissimo il modo in cui segui i miei deliri (benché la tua gentilezza, ovviamente, li incoraggi!)
    :-)

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  17. che bella recensione, anch'io prendo certi libri in prestito ... altri devo proprio possederli

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  18. Ciao Vera!
    Sì, funziona così anche per me, anche se andando in là con gli anni mi rendo conto che sono davvero pochi i libri che voglio assolutamente possedere.
    Per fortuna! Altrimenti in casa non ci si entrava più!
    A presto!

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  19. Solitamente non abbandono mai un libro prima della metà. questo lho dovuto chiudere e riportare in biblioteca ben prima della metà, di una pesantezza unica, sia la storia poco scorrevole che la lingua utilizzata, a tratti lontana...ora vorrei solo sapere come finisce (ma non trovo il finale su internet...uff...qualcuno è disposto a raccontarmelo in breve...molto breve ?? :))...
    mi dispiace tanto nn averlo apprezzato, eppure lo scrittore lo adoro, un grande interlocutore, soprattutto quando deve parlare di multilinguismo, europanto ecc (oltre che sentirlo a bruxelles, parlare di multilinguismo in inglese col suo accento italiano, in mezzo a italiani e spagnoli, mi ha fatto morire dal ridere...simpaticissimo!!), però questo libro non è tra i miei preferiti!!
    Grazie del blog...utilissimo!!! :)

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    1. Deve essere davvero piacevole ascoltare Marani nella sua veste di linguista - la veste in cui lo trovo più simpatico, lo ripeto.
      Quanto alla fine del romanzo... mi sembra di averne più o meno parlato, alla fine del post. Ernesto rimane solo, senza Lucia e senza Jasna. E vien da pensare che niente lo induca a cambiare atteggiamento, dunque lo si lascia nell'ultima pagina esattamente come lo si è incontrato alla prima.
      Grazie a te del commento, o ignota visitatrice/o ignoto visitatore :-)

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