giovedì 15 gennaio 2009

Buono come il pane


Fare il pane in casa è facile.

Quando qualcuno dei miei ospiti mi chiede "Ma dove lo compri questo pane?" ed io rispondo che l'ho fatto da me, nessuno mi crede. Quando si convincono, mi dicono "Eh, ma chissà com'è difficile! Che brava che sei!".

Invece è facile, è la verità. Richiede un minimo, ma proprio un minimo di organizzazione, e gli ingredienti giusti, ovvio, ma per il resto è un'impresa alla portata di chiunque abbia un minimo di buona volontà e di tempo.
Ma non vi preoccupate. Quello in cui viene richiesta la vostra attiva partecipazione è limitatissimo: diciamo 5 minuti per radunare gli ingredienti e 10 per lavorarli. Quindi avrete due ore libere in cui potete starvene in casa a farvi i fatti vostri, uscire a passeggio, andare dal parrucchiere, non importa. Mettete un timer, o la sveglia sul cellulare, nel caso usciate, altrimenti rischiate di dimenticarvi il pane lì, a lievitare in silenzio.

Passate le due ore, dovete lavorare l'impasto ancora per un-minuto-uno. Quindi il tutto va in forno, per circa 30-40 minuti (v. più avanti), durante i quali non dovete fare assolutamente niente. Io a volte rimango davanti allo sportello a guardare ipnotizzata l'impasto che si gonfia, ma è una scelta mia. Voi potrete benissimo scaricare la posta, guardarvi filmati di Claudio Lippi su Youtube, insomma, fare quello che vi pare.

Chiunque faccia il pane da sé vi dirà che prepararlo diventa spesso una sorta di rito: io lo faccio ogni settimana e mi piace farlo dopo pranzo, perché sia pronto per la sera. Mi piace farlo da sola, in cucina, e lavorarlo con pazienza, direi con amore. Non voglio essere sentimentale o patetica, ma lavorare il pane mi fa sentire ogni volta parte di una lunga catena di donne che da millenni, con le proprie mani, dà forma concreta, in una pagnotta, a ciò che di più bello e di più spontaneo e naturale c'è, secondo me, nell'essere donna: la vocazione all'accudimento, il desiderio di nutrire gli altri, la gioia di condividere.

Quando vivevo in Africa, il pane buono era difficile, diciamo impossibile, da trovare. C'era un supermercato vicino casa mia, che vendeva quello a cassetta già tagliato e insacchettato. Anche appena fatto era molle e gommoso come una pallina antistress, e il giorno dopo era semplicemente immangiabile: pareva fatto di segatura. Sapeva tantissimo di qualche grasso industriale, tipo margarina, ma di pessima qualità (mia suocera direbbe che era fatto 'col grasso di cane').

Non molto lontano da questo supermercato c'era un forno che vendeva diversi tipi di pane: la loro qualità era mediamente superiore a quella del pane di plastica del supermercato, ma il giorno dopo erano altrettanto immangiabili.

Io ho sempre avuto un rapporto strano col pane: quando ero piccola raramente ne mangiavo durante i pasti, per accompagnare i cibi, come avrebbero voluto i miei genitori (ancora loro!), ma durante il giorno ero capace di farmi fuori mezza ciabatta senza battere ciglio. Quando mia madre lo portava a casa ancora caldo di forno, ne dovevo assolutamente sbranare con le mani 'il culetto' e me lo mangiavo con l'olio, il modo in cui, ancora oggi, lo preferisco.

Così, un po' per disperazione, un po' per una curiosità che avevo da anni, nella mia cucina africana ho deciso di imparare a fare il pane. Ho trovato una ricetta basic su uno dei libri cui sono in assoluto più affezionata, How to Be a Domestic Goddess. Baking and the Art of Comfort Food, della mitica e grandissima (in tutti i sensi!) Nigella Lawson, la mia cuoca feticcio, il mio mito culinario.

La Spia mi prende in giro per la fedeltà e l'adorazione che le tributo, e ha coniato l'espressione 'Nigella dixit', ad indicare dogmi gastronomici di derivazione 'lawsoniana' che in casa nostra non si discutono.

Non ho ancora capito perché un personaggio come lei non sia stato 'sdoganato' in Italia; forse perché rimane il pregiudizio che noi italiani non abbiamo niente da imparare in fatto di cucina, figurarsi da una cuoca inglese! Be', non sanno cosa si perdono.

Nigella Lawson è un portento, un piacere per gli occhi e per le orecchie: un mio amico l'ha definita 'una pornodiva'; io parlerei piuttosto di un corpo giunonico, di proporzioni monumentali, ingentilito da un viso di intensa bellezza mediterranea; scordatevi la beltà inglese classica, occhi chiari, pelle delicatissima, capelli biondi e impalpabili.

Nigellona è stata per molti anni una critica gastronomica, finché nel 1998 ha pubblicato How to Eat. The Pleasures and Principles of Good Food, un tomo di considerevoli dimensioni e svariati etti che l'ha imposta come fenomeno editoriale. Sono seguiti altri sei libri, programmi televisivi seguitissimi, la creazione di un sito molto visitato (date un'occhiata qui) e della solita linea di attrezzature e oggetti per la cucina etc. etc. Il consueto iter di tutti gli chef 'televisivi'. Solo che lei è stata una delle prime, e secondo me è impareggiabile.

I suoi libri si leggono come dei romanzi; il suo stile è ricco, ironico, brillante, immaginifico, sensuale, un po' come la sua cucina.

La Lawson scrive prima di tutto libri di qualità, tecnicamente e 'letterariamente' parlando, splendidamente illustrati (a parte il primo, in cui si è privilegiata la sobrietà). Lo stile, dicevo, è originalissimo e brioso, e questo li rende una piacevolissima lettura (niente di più confortante che portarsene uno in camera da letto da leggere prima di addormentarsi la sera; altro che testi spirituali o di ispirazione!). Ma la cosa più importante è che, soprattutto, si tratta di ottimi libri di cucina, che propongono, a beneficio soprattutto di chi abbia poca familiarità con pentole e padelle, ricette praticamente infallibili, spiegate passo passo.


How to Be a Domestic Goddess è stato il primo libro che ho letto di Nigella Lawson: mi ha letteralmente salvata dalla disperazione, e non esagero, in un momento di grande confusione e avvilimento, e mi ha immediatamente conquistata, come tutte le sue opere successive. Ci sono ricette per dolci, torte salate e pane, alcune di ispirazione chiaramente mediterranea (la Lawson è una grande estimatrice della tradizione gastronomica italiana e francese). So di ripetermi, ma parlerò ancora della mia Nigellona e (temo) per svariati post. Sono tanti i debiti di riconoscenza che ho nei suoi confronti!

Ed ora torniamo a noi... La cosa bella del pane è che viene leggermente diverso ogni volta: è un cibo vivo, che risente delle variazioni delle condizioni climatiche, della temperatura, dell'umidità, del forno in cui lo si cuoce. A seconda della stagione, della farina che usate, del tipo di forno, richiederà da parte vostra un piccolo lavoro di adattamento, un po' di monitoraggio, ma niente che non possiate fare, in tutta tranquillità, ve lo assicuro.
Nel tempo, io ho messo a punto questa ricetta, partendo da quella della Lawson (dalla quale in parte si discosta), che produce il tipo di pane che piace a me, crosta croccante e mollica morbida, non troppo densa, non troppo gommosa.
Se volete un pane bianco usate

500 gr. di farina tipo 0
1/2 cucchiaio di sale
1 cucchiaino di zucchero (serve per dare croccantezza alla crosta)
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
1 bustina di lievito secco
circa 250 ml di acqua tiepida (se troppo calda, 'uccide' il lievito; se troppo fredda, non lo attiva)

Mettete tutti gli ingredienti 'secchi' più l'olio in una ciotola; aggiungete piano l'acqua e lavorate, da principio con una forchetta, poi, quando comincerà a crearsi una sorta di palla, con le mani.

Io, non mi vergogno a dirlo, schiaffo nella coppa del mio robot da cucina
tutti gli ingredienti, tranne l'acqua, che aggiungo a filo, col motore acceso. Quando l'impasto comincia ad aggregarsi e a formare una palla, spengo tutto, estraggo la palla e la lavoro a mano per qualche minuto.
Trasferite dunque l'impasto su un piano infarinato e lavoratelo. La tecnica tipica è spingerlo con il palmo della mano (o meglio, con la parte inferiore del palmo della mano, quella più vicina al polso, per intenderci) lontano da voi, per poi riavvicinarlo. E così via, per una decina di minuti. Un buon esercizio per rassodare i muscoli delle braccia!

L'impasto è pronto quando è liscio ed elastico; premeteci un indice sopra: se 'rimbalza', se l'incavo creato dal vostro dito viene prontamente 'riassorbito' dall'impasto, allora potete smettere di lavorare. Mettete la palla in una ciotola col fondo e i lati appena unti d'olio (serve perché l'impasto non si attacchi alle pareti mentre lievita). Con un coltello affilato fate due tagli, a formare una croce, in cima alla palla. Coprite con la pellicola, ben stretta: per sicurezza, mettete
un grosso elastico intorno al bordo della ciotola. Avvolgete quest'ultima con un canovaccio asciutto (se è inverno, preriscaldatelo per qualche minuto sul calorifero) e riponetela, tutta amorevolmente infagottata, in un luogo a riparo dalle correnti d'aria. Io la infilo in un armadio a muro in corridoio, ma in passato l'ho anche messa in un sécretaire coreano (!), in una cassapanca e nell'armadio del guardaroba in camera da letto.

Lasciate lievitare per due orette (una volta, un po' di fretta, ho aspettato un'ora sola: nessun problema; però, avendo l'agio, preferisco sempre aspettare le due ore canoniche). Quindi preriscaldate il forno, questo è essenziale: il pane deve andare nel forno già caldissimo, a 200 gradi. Mentre il forno si scalda prendete la vostra ciotola, spogliatela del canovaccio e della pellicola, date un bel pugno all'impasto per sgonfiarlo dell'aria, tiratelo fuori e rilavoratelo per un minuto scarso sul piano infarinato. Io preferisco dargli una forma un po' allungata, tipo ciabatta, perché il mio ha sempre la tendenza
, una volta in forno, a crescere in altezza, e secondo me se è troppo alto è più difficile da tagliare una volta cotto. Non cercate, però, di ottenere un pane come quello del forno sotto casa vostra: anche se verrà un po' deforme non importa, anzi, questo sarà proprio il marchio della sua assoluta artigianalità. Persino la mitica Nigellona dice del suo che assomiglia alla Venere di Willendorf, non proprio un'immagine di perfezione classica.

Ponete dunque la vostra creazione su una teglia da forno (non importa ungerla) e
con un coltello affilato fatele un taglio nel senso della lunghezza: non penetrate troppo in profondità con la lama, ma non siate troppo timidi. Coprite di nuovo con lo strofinaccio e fate in modo che esso avvolga morbidamente l'intera teglia. Quando il forno ha raggiunto la sua temperatura (ci mette più o meno una mezz'oretta), infilate il vostro pane nel forno e lasciatelo cuocere per almeno 30-35 minuti. Questo dipende moltissimo da che tipo di forno avete. Nel mio, uno normalissimo, elettrico, della Whirlpool comprato all'Ikea, con 40 minuti il pane è perfettamente cotto (in quello che avevo in Africa, per avere lo stesso risultato era necessario attendere un'ora).

Tiratelo fuori del forno usando un guanto (scotta!), e 'bussate' sulla sua parte inferiore: se suona come se fosse cavo è pronto. In questo caso, mettetelo su una gratella a freddare un po' prima di mangiarlo. Altrimenti, rimettetelo nel forno spento, senza la teglia, chiudete lo sportello e aspettate una decina di minuti; quindi tiratelo fuori e mettetelo a freddare sulla solita gratella.

Il pane fotografato all'inizio del post è quello che faccio tutte le settimane, preparato in realtà con un misto di farina integrale (2/3) e farina bianca (1/3). Il procedimento è identico a quello descritto sopra per il pane bianco; gli ingredienti pure (a parte la farina), ma la quantità dell'acqua varia.
Per chiarezza:

400 gr. di farina integrale
200 gr. di farina bianca 0
350 ml di acqua tiepida

Il resto è uguale. Anche questo viene benissimo, croccante fuori, profumatissimo. Essendo solo in due qui a casa, io preferisco tagliarlo tutto (quando è freddo, ma non dopo ore che è uscito dal forno, altrimenti ho paura che perda fragranza e morbidezza), metterlo in un sacchetto da congelatore e poi in freezer. Quando serve, ne tiro fuori due-tre fette che riscaldo per 5 minuti in forno. In questo modo ho sempre a disposizione pane freschissimo e perfetto.

Un'ultima cosa: quando vi sarete impratichiti e sarete diventati dei virtuosi del pane fatto in casa (e vi ci vorrà pochissimo, credetemi),
la prossima volta che siete ospiti da amici portatelo in regalo, avvolto in un bel canovaccio pulito o infilato in un sacchetto di carta, magari ancora tiepido di forno: farete un figurone pazzesco.
Quando vi chiederanno: 'Ma davvero l'hai fatto tu? Ma sei un genio', rispondete sorridendo amabilmente 'Ma no, è facile!'. Nessuno crederà al fatto che state dicendo la pura e semplice verità,
e per tutta la serata rifulgerete di un alone di gloriosa modestia!


Nigella Lawson, How to Eat. The Pleasures and Principles of Good Food, Chatto & Windus, London 1998.

Nigella Lawson, How to Be a Domestic Goddess. Baking and the Art of Comfort Food, Chatto & Windus, London 2000.


10 commenti:

  1. Cara Alessia,
    Leggere questo Blog e' veramente uno spasso...in piu' poter prendere coscienza che le ricette di Nigella funzionano veramente e' un must!
    E poi sei precisa in quello che scrivi...finalmente scompaiono i "quanto basta" e i "pizzichi" che rendono spesso le ricette infattibili e di difficile realizzazione a noi comuni mortali che ci districhiamo tra lavoro, famiglia e impegni.

    Vai avanti cosi', io saro' sempre un tuo fan e attento lettore anche dalla terra delle Aquile.

    Un abbraccio e a presto, saluta Birillo e Valerio
    Fede

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  2. Carissimo,
    sono contenta che queste quattro righe ti siano piaciute (magari il post sull'anello di perline fallo leggere alla Cri!). Ti cimenterai nella realizzazione di una bella pagnotta? E' davvero facile, non lo dico così per dire, e poi tu sei bravissimo! Se lo fai, mandami una foto della tua 'creazione'!
    Un abbraccio

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  3. Non potevi scegliere una foto migliore, viene proprio voglia di mangiarla a mozzichi quella pagnotta!!! Chissa, anche a me un giorno piacerebbe imparare a farlo da sola magari quando avrò una casa diversa e, soprattutto un forno!
    La mia amica Patrizia ha letto il tuo pezzo e mi ha confermato che è vero, il pane è un alimento vivo, ma mi ha detto che lei (grande panettiera da mesi, leggendaria tra noi colleghi) usa il lievito madre... tu ci hai mai provato?

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  4. Io uso il lievito in bustina semplicemente perché quando ho cominciato a fare il pane ero a Lusaka e lì il lievito madre, o naturale, non lo si trovava neanche a spararsi. Adesso è una questione di abitudine, solo questo. Però una volta a casa di Gabriella, la mamma di Valerio, ho fatto il pane con il lievito di birra (che a quanto ho capito è diverso dal lievito madre) ed è venuto bene lo stesso. Ti ricordi che mamma lo comprava e lo metteva in frigo ed io me lo mangiavo, così quando le serviva non lo trovava più? Un po' come con la citrosodina... :)

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  5. libri sul pane se vuoi fare un notevole balzo in avanti
    the baker's apprentice di Peter Reinhart, guru in materia
    e poi controlla il sito di Dan Leppard (UK)
    (anche il suo libro The Hand made Loaf e' molto buono, integra bene The Baker's apprentice)
    diciamo che puoi imparare a fare tutto il contrario delle vecchie regole> lavorare poco, ma spesso, mettere impasto in frigo e lascircelo per giorni ecc ecc ecc.... io faccio pane ormai da piu' di 10 anni e ogni volta scopro cose nuove. ora faccio quasi solamente pane a pasta acida. non e' stato faciel (e infatti ne scrivo mooolto raramente perche' non mi sento in grado).. .una volta che provi a fare il pane con la pasta madre, non torni piu' indietro. e' quasi andare sul trapezio senza rete di salvataggio. grandissimi risultati ma anche flop clamorosi
    il pane a milano fa schifo. da voi? (io ODIO il pane toscano quindi non provarci neanche a vendermelo).... ciao stefano arturi

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  6. eh, se non ti piace il pane toscano..., come posso difenderlo? io, forse perché sono toscana al 50%, ho iscritta nel dna una grande passione per il pane 'sciocco', però ormai sono abituata a mangiare il mio e qui a firenze lo mangio solo quelle pochissime volte in cui vado al ristorante. ma non ho preconcetti, mi piacciono anche la pitta greca, il naan indiano (soprattutto quello con aglio e ettolitri di burro) e quasi tutti i pani esistenti...
    preso nota dei libri, darò un'occhiata. per la pasta madre, me lo dicono tutti... io per ora non mi azzardo (se non ti senti tu in grado!), chissà, più in là...

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  7. no, devi provare. io lo faccio con la pasta madre e mi viene bene, ma non me la sento di scriverne... prova prova. molto terapeutico
    s
    ps prova l'irish soda bread

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  8. l'irish soda bread l'ho fatto una volta, ma nel forno africano non è venuto molto bene, ricordo che al centro era ancora umidiccio e un po' massoso. riproverò qui a firenze, anche perché se non ricordo male è piuttosto rapido da fare. in irlanda nei bed and breakfast me ne mangiavo fette su fette, che bontà!
    sul pane con la pasta madre non hai mai scritto niente? mi è sembrato di leggere qualcosa di tuo sul pane in mangiare bene, ma non ricordo se fosse col lievito secco, devo controllare. tu hai qualche consiglio da darmi?

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  9. esiste una mia ricetta di soda bread forse su mangiarebene.... facilissimo, con un buon forno.
    pasta madre... su MB ci sono diversi miei articoli (vecchi) sul pane.. ma nn mi ricordo... nn penso con la pasta madre... ti consiglio: di iniziare con Peter Reinhart's The Baker's Apprentice. bread baking is a bug, avvisata
    stefano

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  10. da anni sono consapevole di essere una personalità incline alle addicitons, soprattutto quando provo qualcosa di nuovo. se si tratta di bugs così, poi, ben vengano!
    appena mi finisce la scorta di pane integrale proverò il tuo soda bread e intanto vedo dove reperire qualche ricetta di reinhart.
    grazie grazie!

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