domenica 23 maggio 2010

Del mistero dell'amore e di un crumble


Chi capita su questo blog, una tantum o con maggiore regolarità, si sarà accorto di sicuro di alcune cose, ("Per esempio che chi lo scrive è affetta da logorrea". L'avete sentito anche voi? Era la Spia che interloquiva dalla sala), per esempio, dicevo, che non si tratta propriamente di un blog di cucina.

Prima di tutto perché pare ormai essere una caratteristica pressoché irrinunciabile di qualsiasi blog di cucina la presenza di foto bellissime, che invece qui brillano tragicamente per la loro assenza; poi perché tutte le ricette qui presenti non sono frutto né della mia inventiva, né delle mie audaci esplorazioni gastronomiche ("L'altra sera ero stanca morta quando sono tornata dal lavoro e aprendo il frigorifero ci ho trovato soltanto un limone muffito, un vasetto di yogurt e una crosta di formaggio. Ma pensa che ti ripensa mi è venuta l'idea per una ricettina stuzzicante e facile facile etc. etc."), ma della mia passione per i libri di cucina, che amo collezionare come altre fanciulle collezionano scarpe, borse o spasimanti (io trovo già impegnativo conservarmene uno, figuriamoci una collezione).

Altra cosa che non sarà sfuggita è che assai di rado in questi lunghissimi post è possibile imbattersi in ricette di inaudita originalità. Anzi, tanto per dirla tutta, quelle che propongo qui sono tutte straviste e strasentite. Sono quelle che faccio nella mia vita di tutti i giorni, quando ho voglia di cucinare e quando ne ho meno, quando ho il frigo straripante di cose belle appena acquistate e quando invece è quasi vuoto perché non ho voglia di andare al supermercato.
Sono le ricette di una principiante che ha cominciato a cucinare da relativamente poco tempo e che cucina soprattutto per mangiare, e poi anche perché la cosa spesso e volentieri la diverte.

Ho scritto altrove dei miei disastrosi esordi come cuoca e delle mie deliranti e tragicomiche esperienze con il riso, anche se la prima cosa in assoluto che io abbia mai preparato per la Spia è stato un dolce.

Vivevamo insieme, da meno di un mese, nella nostra bella casina a Roma con il suo romantico giardino pensile profumato dai gelsomini rampicanti (e dai vapori di un ristorante cinese lì vicino, ma lasciamo perdere) e un pomeriggio ebbi la brillante idea di preparargli una bella merenda, in attesa che tornasse dall'ufficio.

Sapevo bene che il mio eroe ha quel che gli inglesi chiamano a sweet tooth, vale a dire un debole per i dolci, e dunque cominciai a pensare a quale fosse quello più facile da fare, vista la mia pressoché nulla abilità in cucina.

Dopo attente riflessioni, chiamai la mia mamma e mi feci dare la ricetta del suo crumble. Anche la cuoca analfabeta che ero aveva intuito che si trattava di qualcosa alla mia portata. L'intuizione era effettivamente buona: molti anni e molti crumbles dopo, ora mi sento di dire che avevo scelto la ricetta giusta per cimentarmi per la prima volta nella preparazione di un dolce.

Segnate diligentemente dosi e procedura, mi misi all'opera, probabilmente canticchiando e sospirando, anticipando già con la fantasia il momento in cui la Spia, dopo una dura giornata di lavoro, avrebbe aperto la porta di casa e sarebbe stato accolto da un invitante e delizioso profumo di frutta e pasta frolla dorata e avrebbe pensato che di fronte a sé, con grembiulino e sorriso di ordinanza, aveva la più soave e preziosa delle donne, la sua.

Ma la faccio breve (perché avrete senz'altro capito che c'è un colpo di scena, e non dei più felici).
Forse fu colpa della smemoratissima madre, forse la responsabilità fu dell'ignorantissima figlia, nessuno lo saprà mai, ma quella cosa che alla fine uscì dal forno chiaramente non era un crumble.

Era un oggetto misterioso e inquietante come i giganti dell'Isola di Pasqua, solo più pesante.

Sopra la frutta si stendeva, infatti, uno strato compatto e granuloso, apparentemente inscalfibile, di qualcosa che aveva la consistenza e il peso specifico del cemento armato.
Ormai era troppo tardi per prepararne un altro (e poi ero già sfinita dall'ansia di prestazione per potermi dedicare ad un'altra impresa simile), dunque la Spia tornò dall'ufficio e mi trovò seduta al tavolo della cucina, con davanti quell'oggetto enigmatico e sul viso un'espressione piuttosto avvilita.

Se racconto spesso questa storia (e chiedo scusa a chi l'ha sentita più e più volte) è perché quel giorno ho capito che la Spia è un uomo con tanti difetti e manie e nevrosi - e sicuramente in numero superiore alla media - al quale spesso e volentieri ho la tentazione di spaccare un intero servizio di piatti in testa (zuppiera e salsiera comprese), ma che è anche e soprattutto un uomo gentile.

Non solo si mostrò debitamente riconoscente del pensiero amorevole che avevo avuto nei suoi confronti; non solo non si scompose di fronte all'evidente difficoltà che presentava anche solo servire quel dolce (ci volle tutta la sua forza maschia per riuscire a 'scolpire' due porzioni da quel blocco granitico); non solo riuscì a mangiarsi quel che aveva nel piatto, ma trovò anche la faccia e la voce giuste per dirmi che sì, la consistenza del topping era effettivamente 'particolare', ma lo strato alla frutta era assolutamente delizioso, una delle cose più deliziose che avesse mai mangiato.

Per quanto mi sforzassi di credergli, non potei non giungere alla conclusione che quella roba, qualunque cosa fosse, era soprattutto una schifezza indifendibile che meritava di finire direttamente nella pattumiera. Mi dispiaceva enormemente aver per giunta sprecato farina, zucchero e burro per creare una tale mostruosità (e temevo molto che la Spia se ne dispiacesse, ché è uomo che odia gli sprechi).

A quel punto, con la sua voce pacata e gli occhi ridenti e affettuosi dietro gli occhiali, il mio eroe mi rincuorò e mi disse che non dovevo aver paura che quel crumble andasse sprecato, perché avremmo sempre potuto usarlo come fermaporta.

Lo disse con gentile, amorevole e bonaria ironia e all'inizio quasi non capii che si trattava di una battuta; mi limitai ad assentire distratta e contrita. Poi scoppiai in una di quelle risate che lasciano le persone che non mi conoscono bene (e a volte anche quelle che invece mi conoscono da una vita) piuttosto dubbiose e perplesse circa la mia sanità mentale.

Da quel giorno di dieci anni fa, preparare un crumble è per me qualcosa di più che preparare un crumble. È ritrovare quel momento, quello sguardo e quella voce. È capire che se in questa storia c'è qualcosa di realmente enigmatico e misterioso quanto i giganti dell'Isola di Pasqua non si tratta certamente di quella cosa uscita quel pomeriggio dal mio forno, ma del sentimento che periodicamente si rinnova e si rigenera, a dispetto di ogni appannamento e incertezza, e che mi lega a quest'uomo.
Ed ora basta con gli sdilinquimenti e parliamo di cose serie.

Della ricetta che segue, le dosi per il topping sono quelle di Home Cooking, di Rachel Allen; per la frutta, invece, di solito non seguo una ricetta precisa e improvviso molto in base a quella che ho (è anche un ottimo modo di utilizzarne di moribonda). Costante è invece l'uso dello zucchero di canna Mascobado del commercio equo e solidale e di abbondante cannella (più altre spezie) per condirla.

Crumble di pere e mele

2-3 pere (dipende dalla grandezza)
2-3 mele (come sopra)
3 cucchiai di zucchero Mascobado (ma assaggiate ed eventualmente aggiungetene un quarto)
2 cucchiaini di cannella
un pizzico di noce moscata, pepe nero, chiodi di garofano, cardamomo in polvere

per il topping:

75 gr. di burro tagliato a cubetti (tagliatelo a cubetti per davvero, anche se è un po' una rottura; vi faciliterà le cose poi)
150 gr. di farina
75 gr. di zucchero di canna leggero (io uso il Golden Caster del commercio equo)
[qualche altro ingrediente che in base al ghiribizzo del momento posso decidere all'ultimo minuto di aggiungere: 50 gr. di cioccolato fondente a scaglie, qualche mandorla o noce grossolanamente tagliata]

Preriscaldate il forno a 180° e imburrate appena una tortiera (io ne ho usata una rettangolare di ceramica 20 x 26).

Sbucciate e tagliate a dadi le mele e le pere. Mettetele in una terrina e conditele con lo zucchero e le spezie. Lasciatele lì per un attimo e dedicatevi al topping.

Mettete in un'altra terrina capace la farina e il burro e cominciate a mescolarli sfregando bene con la punta dei polpastrelli. Come è ben noto non bisogna esagerare con lo sfregamento: il burro non si deve sciogliere, ma amalgamare alla farina, creando un composto che abbia la consistenza di grosse e irregolari briciole (crumbs, appunto). Aggiungete anche lo zucchero e mescolate.

Versate la frutta condita con i suoi succhi nella tortiera imburrata (se volete usare anche la cioccolata e le noci o le mandorle distribuitecele sopra) e poi, aiutandovi con un cucchiaio, ricopritela con il topping. Vi sembrerà tantissimo e mi maledirete perché ve ne ho fatto preparare una tonnellata. Abbiate fiducia e schiacciatelo ben bene con il dorso del cucchiaio.

Fate cuocere per circa 35'-40', trascorsi i quali tirate fuori il crumble dal forno e osservatelo. Se vi appare pallido come una damigella di qualche secolo fa, accendete il grill e mettetecelo sotto per 5'-10': non lasciate incustodita la vostra damigella, vigilate su di lei come il più zelante degli chaperons.

Servitela (la damigella) incipriata di zucchero a velo (mai provato) oppure, opzione che preferisco, con panna appena appena montata o gelato alla crema.

Enjoy!

(P.S. Attendo l'arrivo delle albicocche per preparare il crumble con albicocche e mandorle del caro Stefano Arturi, che voglio fare da un po'. Ne riparleremo. Nel frattempo, se vi va, andate a dargli un'occhiata a pag. 145 del suo English Puddings, Guido Tommasi Editore, 2005.)

11 commenti:

  1. Io credo che tra voi giochino un grandissimo ruolo ironia, delicatezza e poesia, perché sono le cose che maggiormente traspaiono dai tuoi ricordi, sempre emozionanti, sempre gradevolissimi per noi affamati lettori.
    Lettori che sanno bene che questo non è solo un blog di cucina (sebbene lo sia eccome!) ma è soprattutto un posto dove "si sta bene", dove si ha voglia di tornare, per vedere cosa ne è della Papera e della Spia, e delle gatte, e delle memorie... Grazie, in domeniche così, un po' di sano sdilinquimento fa bene al cuore.

    Ah, io talvolta ai miei "crumble fantasia" unisco anche scorza di limone e/o di arancia grattugiate, uvette, pinoli... :-)

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  2. Paola carissima, grazie per quello che hai scritto.
    Far bene al tuo cuore è molto, molto più di quanto sperassi di poter fare scrivendo queste righe. E mi rende assai felice.

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  3. Non c'è ironia, delicatezza e poesia che tenga. Sono commosso, lo ammetto.
    Sorvolando veloci sulla "dura giornata di lavoro" (a quell'epoca ero di stanza all'orrido Ministero), penso tuttora - e indipendemtemente dal processo cementificazione che aveva interessato il crumble - di aver avuto di fronte, con grembiulino e sorriso di ordinanza, la più soave e preziosa delle donne.
    Vi saprò dire se una sviolinata così evidente basterà per escludere almeno zuppiera e salsiera dall'elenco delle cose che mi arriveranno in testa. Per quanto riguarda il dolce, invece, aggiungerei che solo una persona limitata e particolarmente superficiale avrebbe potuto farsi influenzare (negativamente, intendo) dalla sua consistenza. Basta un po' di immaginazione, a volte, per trasformare la realtà e lasciarsi soprendere.
    E' la grande lezione di Michelangelo: la forma è già presente, in tutte le sue rifiniture, all'interno del blocco di marmo. Compito dell'uomo di genio è quello di liberarla eliminando la materia in eccesso.
    Insomma, in casi come questo basta avere in casa un martello pneumatico e il gioco è fatto. Non è vero, naturalmente. Quel crumble era buono davvero, e non mi è nemmeno caduto su un piede. Tutti quelli che sono seguiti gli devono molto. E anch'io).

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  4. Eh ma così non vale.
    L'altro giorno *dovevo* essere un tantino imbronciata con la metà *ma* ho letto il tuo post e il mio proposito è andato a farsi benedire subito.
    Evviva che sei logorroica, evviva che ti ho scovata. Ti ammiro molto e ogni tuo post è una pagina che divoro con gran gusto (e le ricette pure, che siano personali o meno non conta).
    Grazie, di tutto.
    Un abbraccio,

    wenny

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  5. Ecco..tu e la Spia mi avete fatta commuovere!
    Leggerti è così piacevole..altro che logorroica!! A volte, leggendo, mi immagino il tono della tua voce, la penso calda e rotonda, come i tuoi racconti, sempre gentili e mai fuoriposto.
    Buona serata Duck e buona serata anche a te Spia.

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  6. abbiamo capito che la papera non e' affetta da quello che ammorba molti blog italioti: eccesso di smancerie/carinerie/cucina del mulino bianco (che il diavolo se lo porti)/cucina della nonna sbirulina-che-mi faceva questa torta ecc.... Il racconto romano e' un buon esempio, cara papera: e' divertente e affettuoso, ma non e' una caricatura di vita vissuta. Anche se la nota che preferisco, lo ammetto, e' l'accostamento della spia del tuo materiale alle pietre di Michelangelo.
    Brava e brava che indica sempre le fonti da cui trae le ricette. A leggere molti blog e molti libri si ha l' impressione che siano tutti nati con scienza cucinaria infusa. Io quello che so l'ho imparato soprattutto da altri e dato che credo nel "se tu dai una cosa a me-io poi do una cosa a te" indico anche io il piu' possibile le fonti delle mie ricette. La parola chiave penso sia onesta' e condivisione.
    Quando le mie ricette sono rielaborazioni personali, lo dico.
    Il crumble e' molto buono e ha belle proporzioni. per me ha un valore afffettivo enorme, essendo stato anche pere me uno dei miei primi dolci.
    La ricetta della Allen mi sembra classica. Di questa rachele allen continuo a leggere belle opinioni e non mi stupisce, considerando che viene da una famiglia di grandi ristoratori. a pelle mi sta simpatica, anche sembra fare ricette molto accessibili.
    un ottimo crumble si fa anche con il rabarbaro o, soldi permettendo, con i lamponi. Poi c'e' ovviamente quello di albicocche, per me forse il migliore perche' poco dolce (le albicocche cotte al forno diventano molo aspre). Ah, riprendendo quanto detto sopra su libri, fonti ecc... una curiosita' che forse non ho mai detto neanche a te ale.... la nonna della rachele allen e', come sai, una food writer ma soprattutto cuoca, molto famosa in Iralanda.. pensa che aveva talmente coraggio (Myrtle Allen) da aprire negli anni 70 un ristorante iralndese a parigi...di grande successo!! Una volta ti devi cimentare con il soda bread del clan allen: per me e' stato una rivelazione.
    ciao stefano
    (permettimi: www.qbbq.wordpress.com). (anche il crumble di nettarine mi garba assai)

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  7. @ Wenny: dunque ho fatto da paciere tra te e Mr. F. Questa sì che è una bella soddisfazione! Ma che cosa avrà combinato quest'ultimo per farti arrabbiare, soave fanciulla? (Grazie per quello che hai scritto. Sono commossa anziché no.) Un abbraccio

    @ Federica: Cara, grazie per le belle parole. Ovviamente non so come sia la mia voce (che gran mistero che è, per ognuno di noi); posso dirti, però, questo lo so per certo, che ho un po' le s sibilanti. Un abbraccio anche a te :-)

    @ Stefano: Che piacere vedere che finalmente hai cominciato a scrivere seriamente sul tuo blog! Mi è piaciuto quello che hai visto nel mio racconto. Era quello che volevo trasmettere. Quanto ai crediti spesso disinvoltamente ignorati da molti, mi vedi d'accordo su tutta la linea.
    Rachel Allen è brava, molto brava, ma è poco nota perché non è vistosa e scenografica come Nigellona. In UK e in Irlanda, però, gode di fama sempre maggiore. La sua è una cucina davvero casalinga, raramente spettacolare, molto calibrata e assolutamente riproducibile. Io sono una sua grandissima fan della prima ora. Quando ho fatto il trasloco intercontinentale tra l'Africa e Firenze ho portato solo 3 libri di cucina nella valigia: i suoi primi due libri (orrendi esteticamente ma preziosi nel contenuto) e il tuo PP (sei arrossito? :-)
    (Comunque, Myrtle Allen non è la nonna di Rachel Allen, ma la nonna di suo marito; ma poco importa: la sua formazione è quella)

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  8. Magari non è un gran film ma, sabato sera, guardando Julie & Julia, ho pensato a te. Il film mi ha lasciato la stessa sensazione che provo ogni volta che leggo un tuo post: questa ricetta voglio provarla! Ma devo ancora iniziare… Credo che lo Spione tenebroso sia un uomo parecchio fortunato…
    Un abbraccio
    Barbara

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  9. Ciao Barbara, il film è sicuramente migliore del libro (che ho trovato irritante e sciatto e noioso oltre ogni dire), senza dubbio perché nobilitato dalla sovrumana bravura di Meryl Streep.
    Prova senz'altro questo crumble: è davvero semplice (una volta che si siano azzeccate le proporzioni per il topping: chissà quella famosa volta quanto diamine di farina ci ho messo). Sappimi dire, se lo fai.
    Quanto allo Spione tenebroso, non so se sia davvero un uomo fortunato. La cosa importante, però, è che sia convinto di esserlo!
    :-)

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  10. o santapolenta io non ho mai fatto un crumble (ma nemmeno mangiato, temo)! dovrò rimediare presto a questa imperdonabile mancanza! nel frattempo ti leggo e mi diverto. che è molto meno faticoso e decisamente godurioso. 'notte!

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  11. wow adoro crumble !
    promesso ti scrivo presto ;-)

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