lunedì 23 febbraio 2009

Lode e gloria a Stefano Arturi

Stefano Arturi è un grandissimo figo, partiamo da qui (e non parlo dell'aspetto fisico, per quanto... in questa foto pare un bell'ometto).
Ha pubblicato due libri con la Guido Tommasi Editore, English Puddings (2005) e Pausa pranzo (2007).

Il primo, come si evince dal titolo, è un omaggio,
rispettoso e allegro, a quel settore della gastronomia inglese che chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale e non sia vittima di preconcetti e pregiudizi non può fare a meno di considerare notevole, quello dei dolci.

I desserts inglesi sono ottimi, se ben preparati, ma se si comincia a fare paragoni con quelli italiani, se si considera il trifle una specie di tiramisu, si parte col piede sbagliato. La cucina anglosassone ha una sua tradizione pasticcera autonoma e riconoscibile, che non ha niente da invidiare a quella francese ed italiana, e Stefano Arturi, che per molti anni ha vissuto a Londra, ha imparato a conoscerla bene e ad apprezzarla. Il suo English Puddings è un godibilissimo libro di ricette ma anche, in un certo senso, di antropologia culturale. Si impara a conoscere il mondo inglese entrando da una porta per così dire secondaria, quella della cucina appunto, una di quelle da cui, a mio avviso, bisogna necessariamente passare se ci si vuole avvicinare ad una cultura sconosciuta, o anche a una persona: quante cose si capiscono di un individuo osservando la sua cucina, ciò che prepara e mangia e il modo in cui lo mangia.

A Stefano Arturi piace anche parlare della storia di alcuni dolci, ne rintraccia le origini, facendosi aiutare da testi a suo tempo reperiti alla British Library, che ha studiato e riportato diligentemente in bibliografia. Insomma,
non stiamo parlando del primo stramiciato che passa, ma di una persona seria, che fa il suo lavoro con passione e dedizione, cosa tanto più preziosa quanto rara.

Un'ultima cosa su questo libro: quando andrete in libreria a comprarlo, pronunciate il titolo correttamente: Inglish Puddings, sì, si dice proprio con la 'u', con buona pace di qualche commesso che vi guarderà con sufficienza e magari ripeterà volutamente il titolo pronunciando la parola 'puddings' come se fosse scritta con la 'a', a sottolineare che lui, a differenza vostra, è una persona che l'inglese lo sa bene!

La ricetta di oggi è presa però dal secondo libro di Stefano Arturi, il già citato Pausa pranzo. Io lo scovai un pomeriggio che ingannavo il tempo nella gigantesca libreria della stazione Tiburtina di Roma, nell'attesa di prendere un treno che mi avrebbe portato dai miei genitori. Ero in vacanza in Italia, e in pieno delirio biblio-gastronomico: nei primi dieci giorni del mio soggiorno avevo già acquistato una quindicina di libri di cucina, per lo più enormi e pesantissimi (già paventando la solita scena di panico al momento della partenza, con le mie due samsonite stipate fino all'orlo e pesanti quanto un cassettone della biancheria). Visto che mi era così piaciuto il suo primo libro, quando vidi che ne aveva appena pubblicato un altro, non esitai a comprarlo (e per mia fortuna si trattava di un agile libretto, dalla copertina tutta colorata, altro motivo per amarlo!).

Pausa pranzo è un vero e proprio tesoro. Pieno di ricette facili, per lo più sane (il nostro eroe sa come godersela, ma sa anche che la nostra salute dipende in massima parte da come scegliamo di alimentarci), scritte da qualcuno che ha in mente un pubblico composto di persone normali, che conducono un'esistenza mediamente isterica, e sono costrette ad incastrare più o meno intense sessioni culinarie nel fine settimana o in una serata in cui non vanno in palestra o al cinema e non collassano sul divano in preda alla stanchezza, così da avere pranzo e cena pronti per un paio di giorni ed assicurarsi un minimo di autonomia.

Il libro è pensato per chi voglia emanciparsi dalla disumanizzante abitudine di frequentare certi squallidi bar sotto l'ufficio, in cui si paga un occhio della testa per ingoiare, di malumore e di corsa, orridi panini sintetici, squallide insalate insapori e inodori, paste scotte condite con sughi pronti pieni di conservanti. Non a caso, l'ironico sottotitolo è Come stare lontano dai bar e vivere felici.

L'Arturi è anche prodigo di consigli circa la spesa e propone sempre almeno un paio di abbinamenti interessanti, indicando cibi che si sposano bene con il piatto del quale dà la ricetta. Sembra sciocco, invece un simile accorgimento risolve tante penose indecisioni (oltre a regalare esperienze assai gratificanti!).

Last but not least, questo autore ha un approccio sanamente pragmatico e leggero ed un senso dell'umorismo che personalmente trovo delizioso ed agisce su di me da potente antidepressivo: leggere un paio di pagine scritte da lui mi rimette subito in sesto. Insomma, non so se si è capito, a me questo tipo garba parecchio!


La torta che ho fatto qualche giorno fa, di carote e polenta, è una delle mie preferite. È buffo pensare a come due ingredienti di partenza non proprio eccitanti per me possano poi invece dar vita ad uno dei dolci che più mi piacciono in assoluto. È facile facile, si fa tutto nel robot da cucina. Non vi aspettate qualcosa di soffice tipo pan di spagna: si tratta di una torta 'umida', dalla consistenza piuttosto massosa. Mi rendo conto che questi non sono forse gli aggettivi più adatti per invogliare chiunque a provare questa ricetta, ma se manterrete una sana apertura mentale e seguirete il mio consiglio non ve ne pentirete!
Ecco a voi le dosi:

120 gr. di burro
400 gr. di carote
un pizzico di sale
120 gr. di zucchero (meglio se di canna)
la scorza grattugiata di un'arancia
un pizzico ciascuno di cannella, cardamomo e zenzero (ma anche la sola cannella va benissimo) io in genere uso solo la cannella, e ne metto quasi un cucchiaino, mi piace molto
il succo di un limone (io lo sostituisco con parte del succo dell'arancia di cui ho usato la scorza)
50 gr. di farina 00
100 gr. di farina per polenta (io uso quella taragna)
2 cucchiaini di lievito per dolci

Sciogliete il burro.
Pelate le carote, tagliatele in due tre pezzi e mettetele nella coppa del robot da cucina. Azionate brevemente. Aggiungete sale, zucchero, scorza d'arancia, spezie e succo ed azionate ancora. Buttate dentro le farine e il lievito e azionate. Infine il burro, ed azionate ancora.
Versate l'impasto (piuttosto consistente) in una tortiera da 20-22 centimetri imburrata e spolverata di polenta e mettete in forno preriscaldato a 180 gradi per un'oretta (quando sarà pronta, la torta sarà leggermente staccata dalle pareti della tortiera, i bordi saranno di un'intensa sfumatura dorata e la vostra cucina profumerà in maniera inebriante di arancia e cannella).
Come dice giustamente l'Arturi, questo dolce è molto più buono il giorno dopo. Io in genere lo preparo la sera, così è pronto per essere gustato la mattina dopo a colazione.

Emjoy!

3 commenti:

  1. ciao, qui stefano a.
    grazie per belle parole. ti assumo come ufficio stampa. ti ho gia' scritto su MC cosa penso di Rachel Allen e di Nigella.
    La torta alle carote rimane per me un mistero. Come avrai notato mancano le uova. non so se sia un errore di stampa (cosa che ho pensato appena visto il libro, ma non trovo piu' la versione originale cartacea) oppure no. io ho provato sia senza sia con uova e mi e' piaiciuta in entrambi i casi.
    ho da poco assaggiato un'altra torta di carota, molto piu' soffice e leggera (tipo camille) che vale anch'essa la pena, anche perche' si fa in frettissima. fra poco la pubblico o su MC o su MangiareBene.
    Ieri bel puntatone finale di Tutti Pazzi PA. erano anni che non mi intrippavo cosi'. I miei amici scuotono testa e dicono io grandemente scemo. de gustibus. rispondo io ... :)
    cius
    stefano arturi

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  2. ciao e grazie, qui stefano arturi.
    la torta di carote rimane un mistero perche' non trovo piu'l'originale cartaceo. come avrai notato mancano le uova. appena visto il libro ho gridato al "refuso! refuso!!" - che dal cartaceo al digitale abbia dimenticato le uova, io testa di capra tibetana!?
    ho immediatamente rifatto la torta per verificare e...mi e' piaciuta molto. ora non so se preferisco la versione con o senza uova. cius a presto
    stefano arturi

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  3. Che emozione! Addirittura un commento del mio eroe! Anzi, ben due (perché si è intrippato il sistema, temo). Che dire, mai avrei osato sperare tanto!
    Le uova secondo me possono benissimo essere omesse, la torta è perfetta così.
    Ce n'è un'altra buonissima e completamente diversa di Tessa Kiros, alta come un materassone e con un topping al triplo cheesecake come dice la mia amica Annalisa. Sarà presto oggetto di un altro post!

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