mercoledì 13 maggio 2009

Della compassione, dell'animismo, o di due pere al vino


Dopo le mele al forno, un'altra ricetta di frutta cotta.

Stavolta a far da cavia è stato un paio di pere Kaiser, comprate per sbaglio dalla Spia, che languivano malinconicamente nella fruttiera sul micro-tavolo della cucina.

Non so voi, ma io sono sempre stata un'animista: ho sempre pensato che tutto il mondo intorno a me, tutto, avesse emozioni e sentimenti; un'anima, appunto.
Da piccola ogni cosa aveva per me una personalità, e desideri, opinioni, gusti, ricordi, e una vita sua, proprio come me. E quasi ad ogni cosa davo un nome.
Era sicuramente un modo di rendere più umano e meno minaccioso un mondo nel quale, per la maggior parte del tempo, non mi sentivo particolarmente né a mio agio né al sicuro. Quando si dà un nome a qualcosa, si instaura con esso un rapporto personale, affettuoso, si intrecciano conversazioni, si raccontano storie; insomma, non si è soli.

Questo legame segreto e appassionato con le cose ancora esiste per me, benché l'urgenza e la necessità che gli erano sottesi quando ero più piccola siano diminuite (e siano defluite, in parte, nella mia divorante passione per la lettura); è alimentato e mantenuto in vita da questo mio insopprimibile impulso a sviluppare una relazione emotiva con il mondo, tanto più se è quello apparentemente muto e opaco di certi esseri viventi che però, sprovvisti di mezzi di comunicazione 'evidenti' come possono essere quelli di gran parte degli animali, sembrano essere condannati a un'assoluta e irredimibile solitudine (penso agli alberi, alle piante, ma anche ai sassi, all'acqua), e implica una particolare attenzione agli oggetti, soprattutto quelli che uso quotidianamente.

So che mi espongo alla vostra perplessità (se non alla vostra compassione), ma non posso tacere il fatto che intesso vere e proprie conversazioni con il forno o il frigorifero, soprattutto quando li 'accudisco', e che ogni mattina, quando riempio d'acqua la mia piccola teiera celeste (comprata perché mi ha fatto subito pensare alle 'stoviglie color nostalgia' di Gozzano, grande cantore delle cose), mentalmente le rivolgo quasi sovrappensiero un saluto, come si fa con un coinquilino cui ci unisca un vincolo di lunga consuetudine, e dopo averla usata la lavo amorevolmente, con attenzione, come fosse un essere sensibile al caldo dell'acqua e agli urti involontari che posso farle subire (sia mai) riponendola sullo scolapiatti.

Che il mondo degli oggetti apparentemente inanimati abbia una sua sensibilità è un necessario corollario al mio animismo.
Da piccola ero capace di disperarmi ogni volta che perdevo qualche cosa di mio: la gomma da cancellare a forma di fetta d'anguria, l'orribile cerchietto rosa con due piccole campanelle, la molletta verde persa in qualche gioco e per la quale, quella sera, piansi fino ad addormentarmi, immaginandola terrorizzata, nel buio notturno di un giardinetto, confusa tra la ghiaia e soffocata da qualche cartaccia.
Non era tanto il dover fare a meno di lei a farmi soffrire, quanto la pena che sentivo al pensiero del suo essere abbandonata all'indifferenza di un mondo in cui non ci sarei stata più io a usarla tutti i giorni, a bearmi della sua vernice metallizzata, a mostrarla orgogliosa alle amichette di scuola, a riporla amorevolmente ogni sera sul mobile dietro il mio letto. Era il suo essere destinata all'invisibilità, all'anonimato, alla solitudine a straziarmi. Era il suo essere ormai privata di uno sguardo affettuoso che la riconoscesse (il mio) a farmela tanto compatire . Per ogni pezzo di spago, temperino, cappuccio di bic e sorpresina dell'ovetto kinder persi, ho avuto il mio lutto, inesprimibile e incomunicabile.

La vista allora di due pere Kaiser (ed eccoci qui di ritorno! lo so, divago, divago... sempre stata così), già acquistate per sbaglio (e quindi probabilmente inclini a deprimersi) e lasciate lì a immalinconirsi nella consapevolezza di non essere desiderate, mi ha spinto a sfogliare i miei libri, alla ricerca di una ricetta che potesse sottrarle ad un futuro avvilente.


Ed eccole qui, le due pere che nessuno voleva, trasformate in due imperatrici da un bagno in un profumato sciroppo liquoroso e speziato! Che bontà! (E che sollievo per me! Che peso dal cuore mi sono tolta...).

La ricetta è tratta da Modern Classics Book 2 di Donna Hay, un simpatico donnone australiano (dall'inquietante somiglianza con mia cugina Orietta), la cui fama è giunta anche qui (la Guido Tommasi ha cominciato a tradurne e pubblicarne i libri, ecco qui la scheda del volume sul sito di questa casa editrice).

Se ovunque leggerete che le sue ricette sono praticamente foolproof, credeteci. Lo sono. Impeccabili (e ahimé spesso caloriche quasi a livelli nigellonici, ma si tratta di un trascurabile dettaglio...).

E poi questo è un libro bellissimo, di quelli da sfogliare sul divano quando non abbiamo voglia di nulla in particolare e nulla ci soddisfa, e stiamo lì un po' uggiosi, malmostosi e inclini a rompere i coglioni a chiunque abbia la sventura di capitarci sotto tiro. Buonumore recuperato in 10 secondi netti (nostro e altrui).

Ecco qui la ricetta, di una facilità commovente (o sospetta, per le nature più malfidate), riportata quasi fedelmente (ho aggiustato un po' le quantità):

250 ml. di vino rosso
250 ml. di acqua
150 gr. di zucchero
1 bastoncino di cannella
1 chiodo di garofano
2 pezzi di circa 5 cm. l'uno di buccia di arancia
3 pere, sbucciate ma ancora col picciolo

Mettete il vino, l'acqua, lo zucchero, la cannella, il chiodo di garofano e la buccia di arancia in un pentolino e fate cuocere a fuoco dolce, mescolando fino a quando lo zucchero non si sia sciolto.

Fate sobbollire per 5 minuti, poi aggiungete le pere. Coprite e lasciate sobbollire per circa mezz'ora, rigirando ogni tanto le pere perché si colorino uniformemente e si imbibiscano del loro inebriante sciroppo.

Fatto.

Io le ho mangiate ancora un po' tiepide, accompagnate da un po' del gelato allo sciroppo d'acero del precedente post e da una pallina di gelato al cioccolato (un esperimento, parzialmente riuscito; attendo di rifarlo prima di proporlo), non prima di averle ringraziate per il piacevole fine pasto offertoci, ed esserne stata gentilmente e graziosamente ringraziata.

Enjoy!

9 commenti:

  1. mi colpisce talvolta la genialità di una proposta semplice in fondo! chi c'aveva mai pensato all'accostamento frutta cotta e gelato?
    rivitalizzare una frutta budinata e sedurre il palato con il freddo saporoso! ma è geniale!
    imparare! e riflettere! visitare e rivisitare!
    mi piace imparare e tutto il resto!

    un gentile saluto!

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  2. mi fa sempre piacere quando, mio malgrado, mi faccio veicolo di qualche nuova conoscenza, o intuizione, per gli altri! è il senso della comunicazione, mi pare, non trovi?
    ricambio il saluto e spero a presto!

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  3. le mie sporadiche cucine davvero molto giovanili, diciannovenni direi, contemplavano delle mele cotte da sballo, più che nigelliche.

    procedevo così: cavavo il torsolo con scavo abbondante e ci ficcavo il-di-tutto: amaretti sbriciolati, marmellata, scaglie di cioccolato...poi le mettevo in forno una accanto all'altra cosparse di zucchero finchè non cedevano tra abbrustolimenti e succhi. quindi le facevo raffreddare e le coprivo, sempre una stretta all'altra, di crema pasticcera; a quel punto il tocco finale era una adeguata permanenza in frigo.

    ci seducevo un innamorato che segnò quegli anni.

    mi sa che le rifaccio :)))

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  4. ...per sedurre un innamorato che sta segnando questi anni? lo spero!

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  5. ho voglia di lasciarti un secondo commento in merito all'animismo come dici tu, io in casa mia parlo di animazione! si con me sfonda una porta aperta questo genere di considerazioni, ritrovo e riconosco un vasto corollario di appaiamenti che stringi stringi si vanno a condensare in una dimensione fusionale non solo con l'altro umano ma con l'oggetto, con le cose a-nimate (o ri-animate)che acquistano anima grazie alla nostra attribuzione d'affetto e questo non può non essere strettamente legato all'altro polo del discorso cioè all'angoscia di separazione e all'angoscia abbandonica. Sì voglio metterla sulla psicoanalisi perché di questo si tratta per come la vedo! comportamenti che sono il riflesso di dinamiche psichiche, atteggiamenti che dicono di noi pur in lettere cifrate e non voglio dimenticare in fundo un accenno alla risorsa rigenerativa della creatività, che non vuol dire essere artista patentato quanto il saper applicare alla nostra vita la nostra personale impronta,può essere anche la frutta cotta abbinata al gelato o che so? abbinata alla cocabuton!

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  6. non posso che essere d'accordo con te. ho sempre pensato di non essere una persona 'creativa' se non nel senso di cui parli tu nel tuo commento, e se pure in passato me ne sono fatta una tragedia (ché avrei voluto essere, come dici tu, un' artista patentata), ora invece non mi soffermo su ciò che manca, ma su ciò che c'è, e vedo in questa mia pulsione a stringere legami affettuosi e personali con gli oggetti una tra le caratteristiche mie che amo di più (e comunque ineludibile), oltre che la mia personale forma di creatività, quelle che le parche hanno deciso che io avessi!
    con i tuoi commenti sensibili e meditati sei una bella voce femminile ricca di risonanze, sempre benvenuta. ti auguro una buona giornata!

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  7. grazie, c'è un piacere nella vicendevolezza, nell'opportunità di poter esprimere proprie cose e di sentirle risuonare fuori di noi,
    a presto!

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  8. oh sì! è PROPRIO così! è qualcosa su cui non mi soffermo molto a pensare, perché, non so bene come dire, per me è normale, convivere con un mondo "animato" in ogni sua parte. vogliamo poi cominciare a parlare delle litanie rivolte alla caffettiera quando non funziona troppo bene? pare basti cambiare la guarnizione, ma anche una buona litania rivolta agli dei protettori delle caffettiere, ha il suo bel perché ;)
    grazie duck per venirmi a trovare, per i tuoi commenti, per avermi segnalato questo post, e avermi fatto scoprire il tuo blog.
    a presto,
    t.

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  9. ah sì, lunghe, interessanti, affettuosissime conversazioni (e a volte litanie, certo!) con teiere, caffettiere, pentole a pressione, per non parlare di gerani, gelsomini, piante grasse sul balcone... il mondo tutto ci parla e ci ascolta!
    grazie a te per il tuo blog (luogo di incanto e poesia) e la tua visita!

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