lunedì 4 maggio 2009

Alfred e Emily di Doris Lessing

Io ho evidentemente dei problemi a farmi piacere Doris Lessing.

Prima di questo libro, avevo già letto Gatti molto speciali e Love, again.

Il primo non può non commuovere chi abbia sempre avuto un grande amore per i gatti, benché la Lessing parli di loro con una certa freddezza, freddezza che, ad una lettrice particolarmente ben disposta come ero io nei confronti di quel libro, è apparsa più che altro come lodevole assenza di ogni sciropposo sentimentalismo, trappola tanto frequente in cui cade chi parla dei propri animali domestici.

Love, again, invece, è un romanzo che non mi ha mai presa, per i cui personaggi non sono riuscita a sviluppare la minima curiosità, per non parlare di un po' di simpatia.

Di Alfred e Emily potrei scrivere le stesse cose.
Dopo una prima parte narrativa, in cui la Lessing immagina la vita che i suoi genitori avrebbero potuto avere se la loro esistenza non fosse stata stravolta dalla prima guerra mondiale, si passa ad una seconda parte cui la scrittrice consegna un ritratto dei suoi reali genitori: la madre, brillante ragazza di buona famiglia che per voler fare l'infermiera viene ripudiata dalla famiglia, e il padre, bello, atletico, eccellente ballerino, che la prima guerra mondiale trasformerà prima in un invalido, poi in un uomo cronicamente malato e depresso, vecchio anzitempo. I sogni di bellezza, agiatezza, intensità e passione che Alfred ed Emily sembrano concretizzare all'inizio del loro matrimonio, si infrangono uno dopo l'altro, dolorosamente, e si spengono nella vita sacrificata e durissima che insieme trascorreranno nella Rhodesia del sud, oggi Zimbabwe, a coltivare una terra difficile e a combattere una quotidiana guerra contro una natura lussureggiante e pericolosa.

La Lessing ammette senza problemi di aver sempre odiato sua madre; per questa donna che ha chiuso in un baule i suoi vecchi vestiti da sera, elegantissimi e sensuali, e insieme ad essi ha lasciato marcire e rovinarsi anche ogni suo sogno, questa figlia ha una qualche forma di lucida e distaccata comprensione, ma nessuna simpatia, nessuna pietà.

Nei confronti del padre, i sentimenti sono più ambigui; di sicuro più affine alla figlia, quest'uomo viene consegnato alle pagine come una figura tutto sommato scialba, debole, un illuso con poca presa sulla realtà, prigioniero di un passato dal quale non è mai riuscito a liberarsi.

Non so, forse sono io che faccio fatica a entrare 'in risonanza' con la scrittura e l'universo della Lessing.
Mi piacerebbe poter cambiare idea, ma per ora non c'è verso.
Mi sembra troppo fredda, troppo poco comprensiva del genere umano cui appartiene, ed io non riesco a sentire mia la realtà della quale parla.

2 commenti:

  1. amaranta de francisci11 marzo 2012 alle ore 08:47

    Doris Lessing è stata una grande scrittrice, ma non lo è più da un pezzo. Non so come sia potuto accadere. Amaranta

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  2. Ciao Amaranta,
    non posso esprimere un'opinione meditata su Doris Lessing, perché di lei ho letto solo i tre libri cui accennavo nel post, ma ho l'impressione che sia una scrittrice con la quale, semplicemente, non riesco a sentire alcuna sintonia.
    Grazie per il tuo commento!

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