lunedì 5 ottobre 2009

Racconti d'inverno di Karen Blixen


E' un luogo comune, ma è verissimo, che Karen Blixen aveva il talento di un'affabulatrice, il fascino magnetico, antico e asessuato di chi, in una notte buia, il viso in parte illuminato dalle fiamme di un fuoco all'aperto o di un camino, racconta storie senza tempo che parlano di uomini e donne appartenenti a mondi lontani, ma le cui vicende hanno il sapore dell'atemporalità e dell'universalità dei miti.

Questa donna non bella, dal carattere difficile, che mai suscitò in chi la incontrò sentimenti tiepidi ma sempre estremi, di adorazione o di odio, narrava molte di queste storie su richiesta del suo adorato Denys Finch Hatton, durante le lunghe notti che seguivano alle raffinatissime ed eleganti cene da lei organizzate (essendo una grande cuoca e possedendo un gusto personalissimo e insieme classico per la mise en place).

Posso solo immaginare quale forza, quale fascinazione esse dovessero avere ascoltate direttamente dalla sua voce, che mi piace pensare risuonasse roca e profonda, con il suo inglese appena indurito dall'accento danese, nell'oscura, profumatissima e sussurrante notte africana.

Alcuni di questi racconti d'inverno - la cui lettura non è sicuramente facile, per il ritmo narrativo disteso e spesso sospeso, quasi immobile - sono a metà tra la fiaba e il racconto gotico, altri sono invece esempi finissimi di racconto ottocentesco, di impianto tradizionale benché percorsi da brividi e inquietudini assolutamente novecenteschi (penso al malinconico, ma anche agghiacciante, in tutti i sensi, Peter e Rosa o allo struggente Gli invincibili padroni di schiavi).

Numerose le divagazioni e le riflessioni filosofiche, sull'uomo, su Dio, sulla vita, sulla natura, condotte con il piglio e lo stile di un moralista del settecento.

Forse il mio preferito in assoluto, tra tutti questi racconti, è però Il campo del dolore, il cui solo attacco è per me una pagina di pura perfezione:

"Il basso e ondulato paesaggio danese era silenzioso e sereno, misteriosamente desto nell'ora che precede il levar del sole. Non c'era una nube nel cielo pallido, non un'ombra nel perlaceo crepuscolo che avvolgeva i prati, le colline e i boschi. La bruma si stava alzando dalle valli e dalle gole, l'aria era fresca, l'erba e le foglie stillanti di rugiada. Non guardata dagli occhi dell'uomo, e non disturbata dalla sua attività, la campagna respirava una vita senza tempo, per la quale le parole erano inadeguate".


Karen Blixen, Racconti d'inverno, Adelphi 1980, traduzione di Adriana Motti.

3 commenti:

  1. Se vuoi ascoltare la voce di Karen Blixen basta andare in Danimarca, nella sua casa natale vicino a Copenaghen. Ora la casa e il giardino sono un museo dedicato alla famosa scrittrice. Lí è possibile ascoltare la voce di Karen Blixen mentre legge uno dei suoi brani. Da brivido!
    www.karen-blixen.dk

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  2. Eccoci, un'altra autrice che non ho mai letto e che mi vergogno profondamente ad ammettere! Credo proprio che questa recensione caschi, come si suol dire, a fagiolo: sarà la stagione, ma questi racconti li sento "adatti"...
    Dunque grazie, per aver parlato del libro e per aver tratteggiato la scrittrice: e poi, ci sarà pure un perchè se i luoghi comuni sono tali :)
    buona giornata,

    wenny

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  3. @ Anonimo: Grazie per la segnalazione!
    Sono subito andata a vedere il sito del museo e ho sentito la voce della Blixen, roca come me la immaginavo, ma anche con un buffo difetto di pronuncia (la 'evve' molto snob e quasi da macchietta).

    @ Wennycara: Mai vergognarsi di non aver letto un libro! E per quale motivo, poi? E di fronte a chi? Piuttosto, ritenersi fortunati perché si ha a disposizione un'avventura tutta nuova di zecca che aspetta solo di essere vissuta! Evviva!

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