sabato 31 ottobre 2009

Non avevo capito niente di Diego De Silva

Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che ha da poco superato i 40.
Ha un divorzio alle spalle, con Nives, che fa la psicologa e lo psicoanalizza ogni due per tre, facendolo sempre sentire inadeguato e idiota, con cui ogni tanto, però, finisce a letto.

Ha due figli, Alfredo e Alagia (figlia di Nives con un altro uomo) che ama con appassionato pudore.
Alfredo ha 15 anni, è mingherlino e intelligente e porta avanti da un po' una sua personale indagine sulla microcriminalità. Ogni volta che in strada vede scippare una vecchia o pestare qualcuno o rubare un motorino, si avvicina al delinquente e cerca di intervistarlo. Non ha paura, perché, dice lui, le cose, quando ci vai vicino, sono sempre meno peggio di come le raccontano.
Ovviamente finisce sempre per farsi pestare a sangue. Il che non gli impedisce di continuare nella sua indagine.

Alagia è all'università e con Vincenzo si incontra all'aeroporto per mangiare di nascosto degli orridi cheeseburger (che solo al fast food dell'aeroporto fanno come Cristo comanda, belli unti e malsani), in modo che Nives, fissata con l'alimentazione salutista, non lo venga a sapere.

Vincenzo viene scelto dalla camorra per difendere Mimmo o' Burzone, uno di quei tanti che fanno parte della manovalanza camorrista, un operaio specializzato, per così dire, che si occupa di far sparire i cadaveri di quanti hanno dato fastidio. Li fa a pezzi nel suo garage, li mette in grosse borse (da qui il soprannome) e poi va in giro per le campagne a sotterrarne una mano lì, un piede là.

Dopo aver cercato di esimersi, Vincenzo alla fine accetta, quasi suo malgrado, quasi senza accorgersene. Per questo, per tutto il romanzo avrà alla calcagna Tricarico, un energumeno alto un metro e mezzo con le braccia da orango e una forza sovrumana, che un po' lo controlla un po' gli fa da angelo custode, pestando chiunque venga ritenuto disturbare o importunare il suo protetto.

Vincenzo ha una collega, Alessandra Persiano, una bellissima donna (che come tutte le belle donne sa un po' di frutta) che tra tutti quelli che le fanno le bave dietro, sceglie proprio lui e se ne innamora.

Perché Vincenzo è il tipico antieroe, tendenzialmente un po' sfigato: guadagna poco, non ha fatto carriera, è stato mollato dalla moglie, insomma ce l'avrebbe tutte per passare non solo inosservato, ma anche per essere girato alla larga da una donna.
Invece, come molte donne sanno, questo tipo di uomo, se ha anche senso dell'umorismo, una spiccata tendenza a filosofeggiare un po' su tutto (dalle fasi dell'amore alla musica rock, da Alone, again di Gilbert O'Sullivan all'arredamento tipico di certi bar della camorra), un'insopprimibile tenerezza nei confronti dei veri deboli e un'altrettanto insopprimibile indignazione nei confronti dei falsi potenti e degli arroganti e non ha paura di mostrarsi un po' Paperino, è un richiamo irresistibile per una buona parte del genere femminile.

Se è anche un impulsivo che agisce spesso seguendo solo l'intuito e la passione del momento, certi slanci forti di generosità anche un po' suicida, la frittata è fatta. Di un uomo così ci si innamora, eccome.

Io, per lo meno, me ne sono innamorata. Anche se Vincenzo Malinconico è un personaggio di carta, come non ci si può innamorare di uno che dice cose del genere?
Leggete:

Non so perché quando accendo la tv di mattina metto sempre il notiziario di Canale 5. Io lo odio, il notiziario di Canale 5. Soprattutto la sigla. Quella sigla tremenda che pare fatta per ricordarti le cose terribili che succedono là fuori. Secondo me la musica catastrofica del notiziario mattutino di Canale 5 è studiata per farvi venire paura di uscire, così puoi rimanere a casa a guardare i programmi di Canale 5.

Non sopporto le persone che rispondono a monosillabi e poi non dicono più una fetente di parola. Roba che, dopo un po' che quel silenzio di merda ristagna fra te e loro, ti viene voglia di dirgli: "Ehi, vaffanculo".

Alle parole a volte pacate, a volte frementi di sana incazzatura di Vincenzo Malinconico, De Silva affida anche una bella analisi del fenomeno della camorra. Dietro l'ironia, il gusto per il paradosso e la leggerezza con cui è porta questa riflessione, si legge benissimo la malinconica, stanca tristezza che un campano deve provare per come sono state ridotte la sua terra e la sua gente.

Prendiamo uno degli aspetti più noti della gestione del potere camorristico: il controllo del territorio. Fino a qualche anno fa era impensabile morire ammazzati per un telefonino, o per quattro soldi prelevati dieci minuti prima a un bancomat. La vigenza rigorosa di un sistema normativo occulto, che non consentiva il compimento di alcun atto delinquenziale al di fuori di quelli previsti o specificamente autorizzati dalla camorra, era una condizione imprescindibile dell'esercizio del suo potere.
Oggi, per le strade, scorrazza una criminalità indistinta, genericamente camorristica, sostanzialmente irresponsabile, che pratica una violenza assolutamente sperequata rispetto ai suoi obiettivi delinquenziali. E tu puoi venire sparato per una rapina da quattro soldi, o perché hai reagito alla provocazione di un bulletto esaltato in cerca di rogne, o semplicemente perché hai avuto il torto di guardare qualcuno in un modo che ha capito solo lui.
Al che uno si domanda: dov'è la camorra? Perché non interviene? Ha trasferito altrove i suoi interessi? Il territorio ha smesso di importarle? Dov'è che esercita adesso?
Se la camorra non può essere sconfitta, liberi almeno la cittadinanza dalla barbarie della criminalità disorganizzata. Non abbandoni le sue vittime. Che torni in trincea, rendendo praticabili le strade.
Vogliamo una camorra sostenibile.

Fatevi un regalo, uno di questi giorni.
Leggetevi questo libro.
Innamoratevi anche voi di Vincenzo Malinconico.



Diego De Silva, Non avevo capito niente, Einaudi 2007.


2 commenti:

  1. ciao duck! finalmente riesco a fermarmi per tutto il tempo necessario qui da te. quante novità, belli gli ultimi post. rispondo in questo per comodità e anche perché questo libro mi aveva incuriosito sin da un'intervista all'autore che avevo visto in "parla con me". mi era piaciuto, era stato buffo il suo modo di descrivere la storia. mi ero così ripromessa di cercare il libro per poi dimenticarmene strada facendo. adesso lo infilo subito nella wish list prima che la mia memoria ballerina me ne faccia dimenticare nuovamente.
    ho visto fra l'altro che stai leggendo "un giorno di gloria per miss pettigrew" che ho appena terminato proprio una manciata di giorni fa! sono curiosissima di leggere il tuo punto di vista su questo libro! così finalmente posso trovare un confronto alle mie impressioni. a presto cara, buon sabato, tiziana

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  2. Ciao Tiziana,
    bella questa nostra quasi contemporaneità di letture.
    Appena avrò terminato Miss Pettigrew, sarai la prima depositaria delle mie riflessioni!
    Un abbraccio e grazie

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