mercoledì 12 agosto 2009

La ragazza del secolo scorso di Rossana Rossanda


Ancora una volta mi sento in imbarazzo nello scrivere un commento. Ho comprato questo libro avendo nei suoi confronti grandi aspettative e mossa da una certa impazienza di leggerlo (e si vede, ché non è uno dei miei soliti tascabili) e ho invece finito per leggerlo dopo qualche anno di tentennamenti, in cui al timore reverenziale si univa anche la sensazione che si trattasse di una lettura impegnativa, forse troppo per me.

Ho cominciato a leggerlo con la serietà e la concentrazione che un'allieva diligente mette nel seguire le lezioni di un professore molto stimato ma da lontano, severo ma di straordinaria e finissima sapienza, che però non fa nulla per raggiungere i suoi studenti, adeguando il suo sapere al loro livello di comprensione e di ricezione: chi c'è c'è, chi mi segue mi segue.

A parte la prima parte dedicata all'infanzia, che ho amato molto (come amo in quasi tutti i libri di memorie i capitoli che parlano dell'autore bambino, ché io, della mia infanzia non ricordo nulla, e spero sempre di ritrovare in quella degli altri qualche barlume che mi restituisca la bambina che sono stata), arrivata intorno a pagina 130 ho cominciato ad annaspare.

Dal momento in cui la Rossanda 20enne scopre la politica, ho avuto l'impressione che il libro si complicasse, si oscurasse, e che pesanti nubi lo avvolgessero, impedendomi di seguire il percorso tracciato fin lì dalla mano ferma, sobria, spartana, aliena da qualunque sentimentalismo e sbavatura emotiva dell'autrice.

Avevo comprato questo libro perché ho sempre avuto curiosità per la Rossanda, perché ne rimasi abbagliata una volta che venne a fare una lezione all'università e la vidi, minuta e seria, seduta accanto alla mia professoressa, per parlare del suo Un viaggio inutile.
Non sarebbe certamente contenta se leggesse che di ciò che disse non ricordo nulla, mentre invece mi rimase impressa la bellezza del suo volto, raramente illuminata da un sorriso.

Speravo che questo libro mi aiutasse a capire alcune cose, ad avvicinarmi ad un percorso personale e politico su cui si può avere delle perplessità, dal quale si può dissentire, ma di cui non si può mettere in discussione la serietà, l'impegno, la passione.

Invece non ho capito nulla, e i moltissimi, continui accenni (non esplicativi, tra l'altro; semplici appigli visibili solo a chi già conosca la strada, a chi già si orienti da solo) a personaggi e fatti della vita politica italiana, alle diatribe interne al partito, alle correnti e sottocorrenti che da sempre hanno contraddistinto la sua vita travagliata, hanno finito per confondermi, per disorientarmi, infine per farmi perdere, in preda all'insofferenza, alla noia e anche, se devo dirla tutta, all'irritazione (il che ha generato in me, e non che ce ne fosse bisogno, riflessioni ben poco incoraggianti sull'effetto che certo mondo della sinistra ha sempre fatto su persone anche e soprattutto bendisposte nei suoi confronti, financo desiderose di sostenerlo e di farne parte, salvo poi allontanarsene in preda, appunto, alla confusione e al nervoso).

Rimangono alcune pagine bellissime, i ritratti severi e appena increspati di affetto dei genitori e della sorella Mimma, della coraggiosa e appassionata zia Frida, della sorniona e ironica zia Alma, la scoperta piena di incanto della giovane Rossanda del mondo dell'arte e della filosofia, alcune profonde meditazioni e brucianti intuizioni, rapide e taglienti come scudisciate, su quel che si potrebbe definire 'lo spirito italiano' e su alcune delle sue manifestazioni meno felici e meno alte che improntarono di sé il ventennio fascista.

Forse per timore di fare di questo libro un'autobiografia (quando invece pare evidente che l'autrice l'abbia inteso come una biografia di quel mondo in cui è nata e cresciuta politicamente), ai sentimenti, alle emozioni, ai rapporti umani sono concessi spazi angusti e rari, e l'atmosfera del libro (almeno di ciò che ne ho letto) è per lo più di una freddezza siderale e calvinista.

Non dico che questo sia un difetto in assoluto; per me, però, è assai di rado un pregio.


Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005.

4 commenti:

  1. "... per me, però, è assai di rado un pregio."
    ed io mi unisco a questo tuo sentire.
    è sempre un vero piacere leggere le tue recensioni :)
    un saluto,
    t.

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  2. Ciao, e grazie, come sempre, delle tue visite e del tuo apprezzamento.

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  3. Cara Duck, ho scoperto queste tue pagine grazie al blog di Gabrilù. Mi piace molto l'accoppiata lettura-cucina... e quando ho visto che citi spesso e volentieri l'adorabile Nigella Lawson sono andato in sollucchero! Adesso sfoglierò con calma il tuo blog... e magari suggerisco qualche ricetta a mia madre. A presto, Oy :-)

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  4. Ciao e benvenuto/a chiunque tu sia!
    Ah sì, Nigella Lawson (che io chiamo affettuosamente Nigellona) è stata, se così si può dire, il mio mèntore in cucina, il mio primo amore e, in un momento complicato della mia vita, un potente antidepressivo! Dunque le sono molto molto affezionata.
    Buona lettura, allora e (spero) a presto.

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