martedì 1 novembre 2011

Di responsabilità individuali e di un'insalata di cavolo rapa

E bene, l'autunno sembra essere ufficialmente qui. Ed  io ne sono assai compiaciuta.

Lo sono un po' meno, molto meno, pensando ai disastri che le sue piogge torrenziali hanno prodotto in Lunigiana e nelle Cinque Terre. 

Ascoltavo giorni fa il sempre caro Luca Mercalli che, con grande equilibrio ed obiettività, distingueva situazioni nelle quali la differenza l'hanno fatta l'incuria e soprattutto l'incosciente tendenza a cementificare territori fragili e particolarissimi come quelli ed altre nelle quali la differenza l'ha fatta l'eccezionale portata delle precipitazioni (in 6 ore sono caduti i millimetri di pioggia che in genere cadono in un anno ad Aosta). 

Chiaro che i cambiamenti climatici hanno dietro di sé anche responsabilità umane, dunque sempre lì si torna.
Al fatto che il momento di pagare il conto per il modo irresponsabile e suicida con il quale abbiamo finora gestito questo pianeta che ci ospita come se fosse solo nostro è arrivato, e il conto è salato, molto salato, com'è giusto che sia.

Il fatalismo e la sfiducia con i quali discorsi tanto seri e tanto importanti vengono affrontati mi lasciano spesso senza parole.
È per me sempre fonte di stupita incredulità accorgermi di quanto, in un mondo come il nostro, così inebriato di individualismo, di fronte a certe questioni si sia prontissimi ad abdicare alla propria responsabilità individuale, rifugiandosi in una strategica impotenza.

Non ho mai creduto che il singolo non possa fare la differenza; non ho mai sentito che come singoli si sia incapaci di fare la propria parte. 
Io credo che come individui si sia sempre e comunque responsabili della propria vita e delle proprie scelte - e non è poco, a ben guardare; è tutto. 

Da diversi anni cerco di vivere una vita responsabile, di limitare al minimo i consumi, gli sprechi, gli eccessi, tutto ciò che è inutile e dannoso. Non sempre ci riesco, ma non smetto mai di provarci, sempre di più, spostando sempre un centimetro più in là il mio limite.
Senza isterismi, atteggiamenti snobistici e compiaciuti da stilita o tentazioni di apostolato fanatico. 
Semplicemente questo è il modo che, negli anni, ho capito essere quello che più si avvicina alla mia idea di "buona vita". 

Non mi sforzo di ricordarmi che se sono in cucina è inutile che la luce in camera da letto sia accesa; non mi pesa chiudere il rubinetto della doccia mentre mi insapono per riaprirlo poi quando mi devo sciacquare. Non mi sembra strano evitare di comprare le arance spagnole quando posso aspettare quelle italiane e nel frattempo godermi altra frutta buona di stagione. 
Non mi sento deprivata per questo e non sento di avere atteggiamenti autopunitivi, al contrario. 

Anche solo preparandomi un'insalata invernale, godendo dei frutti che la terra naturalmente produce in questo momento dell'anno, sento di fare la mia parte e di rispondere a leggi antichissime e sane, che parlano di raffinati e al tempo stesso primitivi e necessari richiami tra il nostro corpo e i cicli della natura.

Ed io questa non la chiamo solo responsabilità. 
La chiamo anche, e soprattutto, felicità. 

***

Insalata di cavolo rapa, pere e feta da Cavoli e zucche in cucina di Rosanna Passione

(per una papera di robusti appetiti)

un cavolo rapa non troppo grande
1 pera
feta (io ne ho usata più o meno un etto, forse meno; insomma, regolatevi ad occhio)
noci (io ho usato quelle dell'Amazzonia del commercio equo e mi sembra ci stiano benissimo)
olio extra vergine d'oliva
aceto balsamico
sale e pepe
erba cipollina (nella ricetta originale non c'è, ma a me piace molto, anche in barattolo)

Pulite il cavolo rapa, dividetelo più o meno in ottavi - difficile che siano proprio ottavi, il cavolo rapa è in genere bitorzoluto e di forme eccentriche (e per questo mi sta istintivamente molto simpatico) - e poi ricavate da questi pseudo-ottavi delle fettine sottilissime. Vi consiglio di usare una mandolina seria per farlo (una mandolina seria è uno strumento indispensabile per l'accorta casalinga; conviene investire una piccola cifra nel suo acquisto, soprattutto se si amano le insalate).

Riunite in una bella insalatiera le fettine di cavolo rapa, la pera pulita e tagliata a dadini, la feta sbriciolata e le noci che avrete prima tostato a secco in un padellino.

Salate, pepate, condite con aceto balsamico e olio extravergine di oliva e un po' di erba cipollina.

Enjoy!


17 commenti:

  1. Che dire, cara Duck? Che, pur con tutti i miei limiti, e le opacità proprie della vita, anch'io cerco di fare come fai tu... non mi sento particolarmente brava, ma certo credo di essere un po' cresciuta in questi anni nella presa di coscienza di ciò che posso fare nel mio piccolo. Non sempre per merito mio, spesso sollecitata da ciò che sento fare da altri, o che mi arriva tramite le iniziative dei bambini a scuola, ad esempio... però qualcosa in più si fa anche in casa mia, come ad esempio il chiudere i rubinetti mentre non si sta usando l'acqua (perché lasciarla scorrere inutilmente mentre ci si sta strofinando i denti con lo spazzolino? ci vuole tanto poco per aprire e chiudere, ma così grande è il risparmio di acqua che ne deriva...). A volte penso sia troppo poco di fronte all'enormità di sprechi e di distruzioni che ci stanno davanti, ma sono d'accordo con te: questo pensiero non è sufficiente per trascurare la propria responsabilità, per non fare il proprio gesto, anche se piccolo.
    E che meraviglia questa insalata di cavolo rapa! Da provare subito!
    Un abbraccio, Cristina

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  2. Di solito, i tuoi post sono, indipendentemente dall'argomento trattato, un'assunzione di responsabilità. Diversamente da me che amo nascondermi dietro le parole degli altri, tu esponi sempre con molta chiarezza il tuo punto di vista. Ti ammiro per questo, paperotta di robusti appetiti e di limpido qua qua.:-)))Bacio enorme

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  3. eh, se si potessero mangiare in insalata anche certe TESTE, di cavolo... :-(

    saluti paperi! :D

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  4. Hai esposto alla perfezione tutte le cose che penso riguardo all'alluvione e a ciò che ognuno può fare per essere un essere umano serio, e con ciò mi risparmi di scrivere un post . Io per tagliare le cose a fettine fini fini uso il pelacarote , pensa un pò . Ho imparato qualcosina in un catering , dove , ovviamente , caricavano il camion zeppo come un uovo, ma poi gli mancava sempre qualche aggeggio , e allora piegavano quello che avevano portato ai più diversi usi . Ho visto fare la tagliata cuocendo una bistecca in una padella senz'olio , un fumo che non ci si immagina. E' venuta bene , però.

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  5. In questi giorni ho pensato molto alle Cinque Terre, luoghi che ho molto frequentato e amato, e alla cementificazione selvaggia ( soprattutto alle strade asfaltate) che è stata consentita nell'interesse dei turisti, per renderle più accesibili e comode.Un disastro.
    E fai bene a richiamare alla responsabilità individuale che passa anche attraverso piccoli gesti quotidiani.Grazie

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  6. @ Cristina: è proprio questo il punto, che l'enormità e la gravità della situazione fanno dimenticare che il gesto quotidiano, anche se piccolo, ripetuto milioni di volte da milioni di persone fa la differenza, eccome.
    Bello che i figli, direttamente e indirettamente, si facciano tramite di cambiamenti virtuosi: è un pensiero bellissimo e molto confortante.

    @ Giacy.nta: hai scritto una cosa di me su cui non avevo mai riflettuto in modo consapevole e lucido. Grazie davvero.

    @ Zio Scriba: sarebbero moooolto indigeste, io credo. Meglio usarle per giocarci a calcio? (speriamo non mi senta nessuno). Saluti paperi a te!

    @ Vitamina: bella l'idea del pelacarote (quella della tagliata lo è altrettanto, ma non credo la proverò mai). È che io ho un po' il pallino per gli attrezzi di cucina, mi piace avere proprio quell'aggeggino lì che serve a quella cosa lì e basta; un'eredità paterna, suppongo, e non delle peggiori. Saluti!

    @ Grazia: dev'essere tristissimo vedere quei luoghi così martoriati, se li si è vissuti con gioia e in bellezza nel proprio passato. Saluti affettuosi

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  7. proprio bella quest'insalata tutta bianca!

    ma soprattutto un bellissimo post accorato...

    grazie!

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  8. Sono in una posizione delicata nel commentare il tuo post. Sarebbe troppo lungo spiegare, ma ti basti sapere che concordo con te sui punti elencati e che nel mio piccolo della sfera privata cerco di fare anch'io qualcosa del genere. Nella sfera lavorativa...come direbbe il buon Lucarelli "ma questa è un'altra storia" (che, aggiungo, a volte provoca anche un po' di disgusto). Bye&besos&buon appetito (robusto o meno che sia)

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  9. @ Gaia: accorato è un termine che mi è sempre piaciuto molto. Grazie a te.

    @ Nela San: spesso "ma questa è un'altra storia" e posso immaginare il disagio che questa sorta di schizofrenia possa a volte provocare. Fare nel proprio privato quel che è possibile è già tantissimo, io credo. Saluti a te!

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  10. La prima parte è quasi un manifesto. Come non si può condividere?

    Mi piacciono i cavoli di tutte le varietà (fiore, varza, nero, cavolini, broccoletti...) e in tutte le salse. Proveremo ance questa ricetta. Grazie.

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  11. @ Alberto: invidio il tuo amore per tutte le varietà di cavoli: io con alcune di loro sto solamente ora trovando un dialogo, se così si può dire e celebro ogni fortunato incontro. Saluti!

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  12. Cara Papera,
    anch’io da qualche tempo cerco di vivere una vita più responsabile, di non cedere al richiamo del consumismo e di fare acquisti etici. Ma non mi riesce benissimo sebbene non sia una spendacciona. Cerchiamo di acquistare prodotti a km zero o giù di lì e in questo mi aiuta molto la presenza di un marito che controlla tutte le etichette, cerca i prodotti “tracciati” e evita accuratamente carni di animali nati ed ingrassati all’estero e pesci provenienti da vattelappesca dove.
    Ieri, però, mentre facevo finalmente il cambio di stagione mi chiedevo: “Ma sarà il caso di eliminare indumenti un po’ vecchi ma non così vecchi da doverli buttar via?”. Ed hai la sensazione che forse potevi evitare di acquistare quel maglioncino nuovo, pagato pochissimo perché chissà in quali condizioni lavorano in Turchia (visto che il marchio italianissimo che lo mette in commercio ha delocalizzato da quelle parti). E, insomma, ho sempre la sensazione di fare troppo poco e di cadere nella trappola del prezzo basso e dell’offertissima. Anche la vita del consumatore informato non è tra le più facili!
    Un abbraccio forte.

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  13. @ Valigiesogni: per noi fanciulle il confronto con l'armadio è spesso un confronto duro, inutile negarlo (a parte pochi casi fulgidi di sobrietà) e la trappola dell'offertissima, come la chiami tu, è una grande tentazione.
    Io sto imparando a resistere perché mi sono resa conto che è vero sul serio che è meglio investire in pochi capi della migliore qualità ci si possa permettere; in più sono abbastanza fortunata da avere vicino casa un negozio che vende abbigliamento solidale ed ecologico a prezzi decisamente abbordabili (e ogni volta che ci vado mi faccio tante domande su chi e cosa faccia i prezzi anche dell'abbigliamento).
    Quanto al disfarsi di cose che non si indossano più, gli anni e i tanti traslochi che ho fatto mi hanno trasformato in un essere spietato: credo fermamente nel ricircolo e dunque di solito regalo ad amiche e conoscenti; mi piace tantissimo vedere che un maglione o un cappotto vivono una nuova vita insieme a loro!
    Comunque non ti flagellare: sono sicura che fai molto più di quanto credi!
    Un abbraccio forte anche a te

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  14. Finalmente una ricetta che mi gusta per il cavolo rapa, che mi arriva periodicamente con le verdure del gas e non mi lascia mai del tutto soddisfatta. Proverò. Quanto ai vestiti, noi spesso con gli amici del nord facciamo il jumble sail. Ciascuno mette nella cesta qualche capo che non usa e poi partiamo con gli scambi. Sembra di essere andati a fare shopping e ci divertiamo un casino!

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  15. Paperella, condivido a pieno la tua concezione di "felicità", non mi dilungo nel commentare, hai detto tutto tu! Io mi limito a prendere un piatto d'insalata e ad augurarti buon sabato e domenica ;))

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  16. @ 'povna: ti capisco, anch'io mi ingegno da tempo per trovare ricette che mi aiutino a mangiare le verdure che trovo nella cassetta del gas. Bella l'idea del jumble sale, mi piacerebbe un giorno organizzarne una con le mie amiche. Saluti!

    @ Giulia: anche a te, Giulia!

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  17. Certo: singolarmente non possiamo far nulla per prevenire gli effetti dei mutamenti climatici (che senz'altro sono acuiti dall'opera dell'uomo, ma in gran parte costituiscono uno sviluppo assolutamente normale e rintracciabile in tutta la storia del nostro pianeta), però intervenire laddove è possibile far sentire la nostra influenza è sempre utile e doveroso. E non si fa quasi mai.
    Dopo l'alluvione del 1970, furono deliberate "urgenti misure" per la salvaguardia del territorio ligure, ovviamente rimaste sulla carta. In casi come questo - giustamente, dal loro punto di vista - gli amministratori locali preferiscono investire in progetti per loro più lucrosi, dove i margini di guadagno sono più allettanti. Ma i le persone che oggi hanno perso tutto, che cos'hanno fatto in questi 40 anni per evitare che la situazione non fosse lasciata immutata in attesa della prossima "tragedia annunciata"? Non sono in parte complici anche loro, se non altro per aver legittimato attraverso la propria passività e - peggio - il proprio voto la permanenza di una classe politica rapace e irresponsabile, impegnata a speculare sulla cementificazione selvaggia?
    E' facile lamentarsi quando i buoi sono già usciti dalla stalla. Meno, rimboccarsi le maniche quando si è ancora in tempo.
    Ti copio l'Amaca di Michele Serra di ieri:
    "La natura è (anche) violenta, di una violenza improvvisa, incoercibile. Per pararne i colpi (non tutti, ma molti sì) si deve conoscerla per quello che è: una madre fertile e provvida, ma a volte infanticida. L'impressione - anche dai commenti sull'alluvione - è che non la conosciamo più. Alterniamo la rimozione totale, da urbanizzati che credono di avere addomesticato per sempre il mondo, di averlo imprigionato in un palmare o in un cruscotto d'auto; a una visione idealizzata, arcadica, sdolcinata: come in quei documentari dove la voce narrante bamboleggia parlando delle bestie (e dunque, non ne parla davvero). Cavalchiamo una tigre (vulcani, terremoti, maremoti, alluvioni) come se fosse un gattino. Costruiamo case sul ciglio di fiumare infide e piangiamo quando l'acqua se le ingoia. Lasciamo morire gli alberi senza rimboschire, e rimaniamo sbalorditi quando l'acqua ci piomba addosso precipitando lungo pendici glabre. Siamo come i turisti della domenica che salgono i monti in mocassini, scivolano e muoiono: ma lo siamo tutto l'anno, ogni giorno. La rimozione della morte e la rimozione della natura sono le due facce della stessa medaglia. Non conosciamo più la natura perché il nostro sforzo supremo è dimenticare che nella vita esiste anche la morte".

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