giovedì 12 febbraio 2009

Pancakes


A casa nostra, vige una sorta di legge non scritta secondo la quale esiste una rigorosa divisione del lavoro tra me e la Spia.

E' risaputo che tocchi a me stirare e a lui lavare i pavimenti, a me lavare il bagno e a lui pulire la lettiera dei gatti, a me cucinare all'ora di pranzo e a lui andare a fare la spesa.

A chi spetti pensare alla cena, invece, è ancora un punto piuttosto ambiguo: spesso nessuno di noi due ha voglia di spignattare e quindi o si finiscono gli avanzi, o si imbastisce un pasto un po' 'alla selvaggia' (mio padre direbbe che mangiamo come gli ottentotti). Io opto quasi sempre per un'insalata, o un uovo sodo, qualche oliva nera, una fetta di pane, un po' di formaggio se ce n'è.

I primi anni della nostra convivenza era lui a cucinare. Tornava dall'ufficio non prima delle due-due e mezzo e mi trovava, in genere seduta sul divano, o qualche volta, con assoluta sfacciataggine, al tavolo della cucina (che avevo avuto, però, il buon gusto di apparecchiare), in attesa di vedermi preparato un pranzo. Nonostante tutto, non mi ha mai picchiata né insultata, e non ho ancora capito se non lo ha mai fatto per il grande amore che ha per me o per l'assoluta mancanza di energia fisica e mentale che azioni del genere gli avrebbero indubbiamente richiesto, in un momento della giornata in cui aveva a malapena la forza di togliersi le scarpe.

Poi, forse i sensi di colpa, o la curiosità, mi hanno spinto a cucinare qualcosa. Riso. Non avevo libri cui fare riferimento, quindi sono andata a memoria. Una memoria distorta, però, o quella della cuoca della mensa di un ospedale, cui ho avuto accesso per qualche strano fenomeno paranormale che ignoro. La prima volta ho bollito una quantità di riso sufficiente a sfamare almeno una ventina di persone e l'ho condito con dell'olio e del parmigiano. Era praticamente crudo e, per quel che posso ricordare, un'assoluta porcheria, senza remissione. On top of that, ne abbiamo dovuto mangiare per giorni, non finiva mai.
Ci ho messo un po' a capire che 200 grammi sono più che sufficienti per due persone (anche tre, se hanno appetiti modesti): per un bel po' di anni, la battuta tipica della Spia, che si affacciava sul pentolone fumante in cui cuoceva sempre una quantità oscena di riso, era: "Dove ha parcheggiato il pullmann della comitiva? Non l'ho visto in cortile".

Poi, un giorno, mi ha fatto vedere come si cucinava un sugo al pomodoro. Ho imparato, e da allora gliel'ho preparato credo almeno un migliaio di volte. Oggi potrei farlo a testa in giù e bendata. E per fortuna, perché gli spaghettini al pomodoro sono
la coperta di Linus della Spia, la panacea universale cui ricorrere ogni volta che ha bisogno di rassicurazioni circa il fatto che il mondo non è un luogo pericoloso in cui tutti gli vogliono male. Sapergli dunque offrire, velocemente e senza alcuna fatica, un simile conforto, è, in certe occasioni, cosa di vitale importanza.

La sera, comunque, se c'è da cucinare, quasi sempre ci pensa lui. Io vengo presa da grande pigrizia e, se posso, preferisco leggere la posta, bighellonare su internet, pensare a quale libro prendere in prestito in biblioteca o, molto semplicemente, starmene sul divano, come tanti anni fa, quando aspettavo il ritorno della Spia per poter essere sfamata degnamente (si è capito che sono di una pigrizia indecorosa?).

L'eccezione esiste, è ovvio: ospiti a cena, un piatto che desidero preparare io personalmente, o una voglia irrefrenabile di qualche cibo in particolare.

Ancora oggi, però, indipendentemente dall'ora del giorno, ci sono dei piatti che cucina solo la Spia ed altri che cucino solo io.

Sotto la mia giurisdizione cadono gli arrosti, le polpette, la parmigiana di melanzane, la carne impanata, tutte le torte rustiche e quelle dolci (ad eccezione della crostata, che facciamo entrambi) e tutti gli esperimenti, tanto per citare alcuni esempi.

Alla Spia spetta la preparazione della 'minestrina' (rigorosamente con le stelline; l'equivalente per me dei suoi spaghettini al pomodoro), della zuppa di carciofi,
della pasta aglio e olio e di quella cacio e pepe, della frittata col formaggio o delle famose 'patate alla spiona' (cotte in padella con rosmarino, una tonnellata di formaggio e una di prosciutto cotto; anche una scarpa sarebbe deliziosa in questo modo).

Ma, soprattutto, solo la Spia prepara i pancakes, rigorosamente la sera, quando abbiamo voglia di concederci una cena a base di dolci. Non dico che sia salutare, per quanto, il mio morale ne guadagna senz'altro... Forse perché mi ricorda quelle pochissime volte in cui, da piccola, i miei genitori mi concedevano di cenare con pane burro e marmellata, che non era affatto la mia merenda, né tanto meno la mia colazione preferita, ma come cena, per me, era il non plus ultra, soprattutto perché sovvertiva il rito serale della 'cena' ed ero solo io a mangiarla.

Non ricordo ci fosse mai un motivo particolare: come quasi tutte le cose che avevano a che fare coi miei genitori, c'era sempre un'altissima dose di
imprevedibile insindacabilità. Ciò che normalmente veniva considerato una pretesa inaccettabile o un capriccio odioso, e in quanto tale mi veniva negato nove volte su dieci, in una serata niente affatto diversa da tutte le altre, senza che io fossi malata o bisognosa di particolari attenzioni, mi veniva concesso senza problemi.

E dunque, stasera pancakes! Dopo essere stati al cinema di pomeriggio (Revolutionary Road, niente male, niente male), non immagino cena migliore, accompagnata per me da tè verde e per la Spia dall'immancabile coca cola.

L'importante è che lo sciroppo d'acero sia assolutamente sul tavolo, con buona pace del caro vecchio Michele Serra, che io considero una sorta di oracolo infallibile, ma che sui pancakes, per i quali ha un'avversione, non ci ha mai capito niente.


Ecco dunque la ricetta della Spia per 8-9 pancakes:

150 gr. di farina
50 gr. di burro
50 gr. di zucchero
200 ml. di latte
1 c
ucchiaino di lievito
sale
2 uova (separate)

Fondere il burro in un pentolino.
Riscaldare il latte (non bollirlo!).
Unire al latte il burro e i due tuorli.
Mescolare lo zucchero, la farina, il sale e il lievito ed aggiungerli al composto di latte, burro e tuorli.

Montare a neve gli albumi e unirli agli altri ingredienti.
Friggere piccole quantità di pastella su una padella molto calda o leggermente unta di burro, girando da entrambe le parti ogni pancake.

Servire con abbondante sciroppo d'acero (che deve essere, come si diceva, assolutamente sul tavolo) e, volendo strafare, con un po' di panna appena montata (o liquida, se siete pigri come me e non volete aspettare).

Buona notte!

8 commenti:

  1. la ricetta è tornata all'ovile... devi sapere che valerio ignorava non dico l'esistenza ma quantomeno il modo di preparare un pancake prima che io riportassi a milano una ricetta, originale americana, che ho appreso durante la mia collisione (come altro chiamarla?) con un americano fiorentino... ai tempi in cui ancora "giravo il mondo" e non (mi) ero seppellita in questo miasma di città. Rivendico perciò almeno in parte la paternità della ricetta citata!
    sono ottimi anche con la marmellata (orrore!!!) a colazione, soprattutto quelle asprigne tipo frutti di bosco, ribes et similia.
    e buona americanata a tutti.
    L.

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  2. Carissima! Vedo che hai vinto la modestia o la pigrizia e mi hai lasciato un commento!
    Prima o poi dovrai illuminarmi sull'era 'pre-gastronomica' del tuo onorabile fratello, preferibilmente in sua assenza, così che non possa interferire e distorcere la realtà!
    Io i pancakes li ho mangiati anche con la marmellata di karkadè del commercio equo e solidale e li ho trovati ottimi. Ma con panna e sciroppo d'acero per me sono imbattibili!
    Grazie ancora per il contributo (ma questo fiorentino-americano chi era? sono curiosa...)

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  3. pancakes (di cui non vado pazzo, forse perche' kiavica a farli {o farle? perche' non sono altro che le nostre crespelle in fondo}): cmq per me, limone e zucchero di canna. all'inglese. calvinista per alcuni, ammetto.
    mi passi le patate allo spione, per favore. se puoi. grazie ciao
    stefano arturi

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  4. Ciao stefano,
    bentornato!
    Anche Nigella li mangia così i pancakes (io li considero masculi), all'inglese, appunto. Non ci credo che sei una chiavica a farli è che forse non ti dicono molto e quindi non ti ci dedichi gran che.
    Per le patate alla spione:

    tagli le patate con la mandolina, le sciacqui sotto l'acqua, le tamponi con kitchen paper, scaldi l'olio (abbondante) in una padella antiaderente più ampia possibile e quando è bello caldo metti le patate se possibile in un unico strato. Le fai rosolare ben bene e dorare (ci vuole un po') a fuoco medio, a metà cottura le sali, le pepi, le giri e aggiungi un po' di rosmarino. Quando sono belle dorate e cotte, ci schiaffi sopra delle belle fette di prosciutto cotto (anche crudo, se preferisci) e delle fettine sottili di fontina o asiago. Spegni o abbassi al minimo la fiamma, copri con un coperchio per qualche minuto, il tempo necessario al formaggio per sciogliersi. Si divorano possibilmente emettendo grugniti animaleschi e ungendosi il mento (altrimenti non sono alla spiona).
    Ciao!

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  5. ciao duck
    grazie. vedi che le ricette girano nell'aria. io ho nei miei file una ricetta simile che prevede patate tagliate un po' piu' spesse e non sciacquate e poi soffritte piano piano, aromatizzate con aglio sbucciate e timo. alla fine fettine di taleggio. di fatto all'iniizio dell'inverno e' stata la mia cena tipica, utilizzando il grasso di anatra che da un sapore pazzesco ed e' (strano a dirsi) nn cosi' dannose per le arterie come si ipotizzerebbe.
    cmq grazie ancora. copio tua ricetta e metto via. ciao
    sa

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  6. ciao stefano,
    ma dove si trova questo famoso grasso d'anatra? dove lo compri tu?

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  7. ma che cosa vengo a scovara qua ! i pancakes con il sciroppo di acero !!! canadese pero !

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  8. Eh sì! Per lo sciroppo d'acero in questo caso abbiamo un debole. Tra l'altro qui a Firenze non è facilissimo da trovare (e quando lo troviamo costa una sassata!)

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