sabato 12 dicembre 2009

Né di Eva né di Adamo di Amélie Nothomb

Questo è il primo libro di Amélie Nothomb che leggo. Ovviamente avevo sentito molto parlare di lei: questa scrittrice belga, intorno alla quale si è creato una sorta di culto, non è tipo da passare inosservato, anzi, è decisamente un personaggio folkloristico, sempre vestita di nero e spesso sfoggiante cappelli di una stralunata e lugubre eccentricità che la fanno assomigliare a un personaggio uscito da un film di Tim Burton.

Devo ammettere che in questo romanzo autobiografico non ho trovato molto simpatico il personaggio Amélie, ma non posso impedirmi di riconoscerle un certo qual carisma.
Si capisce perfettamente che ci si trova di fronte ad un individuo originale, animato da sentimenti e idee personalissimi che a tratti però, almeno per me, hanno il sentore di vezzi.

Posso dire che il libro ha pagine divertenti e che per chi, come me, ha vissuto anni all'estero, circondata da persone di diversa nazionalità, suonano molto vere certe osservazioni e riflessioni cui l'autrice si abbandona mentre narra la sua storia. Come potrei non sottoscrivere la seguente affermazione: Il vantaggio delle discussioni con gli stranieri è che si può sempre attribuire l'espressione più o meno costernata dell'altro alla differenza culturale?

La storia d'amore narrata nel libro è solo marginalmente quella con lo studente giapponese Rinri, essendo in primo luogo quella che la Nothomb ha con il Giappone tutto, dove è nata, con la propria infanzia (dimensione spazio-temporale mitica e rimpianta, nella quale cerca sempre spasmodicamente di tornare, con risultati alterni) e, in ultima analisi, con se stessa.

Il libro si chiude con una bella scena (casualmente ambientata il giorno del mio compleanno, cosa che mi ha fatto scioccamente piacere; mi si perdoni l'innocuo e idiota narcisismo), in cui i due ex amanti si scambiano, dopo anni che la loro relazione è finita, l'abbraccio fraterno del samurai, trovando allora, in quel gesto sobrio e virile, di grande intensità, il senso e la bellezza della relazione cui un tempo hanno dato vita.

Questa scena non riesce però, ai miei occhi, a riscattare l'idea di fondo che mi sono fatta della storia e dell'autrice.
Il modo in cui quest'ultima gestisce la fine della sua relazione con Rinri non le fa fare quella che definirei una bellissima figura; c'è di buono che è proprio lei la prima ad ammettere di essersi comportata in modo non proprio elegantissimo e coraggioso e questo in parte riscatta la sua fuga.

In ultima analisi, l'impressione che ho ricavato dalla lettura di questo romanzo è che la Nothomb viva fondamentalmente isolata dal resto del genere umano, cui pur tuttavia appartiene e che, ad eccezione di pochissimi individui (la sorella Juliette in primis), le sue relazioni più appassionate e coinvolgenti siano soprattutto intessute con le cose inanimate: il monte Fuji, il paese che l'ha vista nascere, certi cibi, certi paesaggi, una certa idea di sé.

Non che ci sia niente di male.

Ma per tutto il romanzo mi è sembrato di sentir spirare il vento gelido e impietoso che in una scena intensa e cruciale del romanzo soffia sull'innevato, immoto e glaciale Kumotori Yama e porta quasi alla morte la protagonista. Di tanta perfezione e solitaria, sublime, disumana bellezza si può anche morire.



Amélie Nothomb, Né di Eva né di Adamo, Voland 2007, traduzione di Monica Capuani.

6 commenti:

  1. Splendida recensione. A me è piaciuto un po' di più, ma leggerti è sempre un piacere incredibile :)

    RispondiElimina
  2. bentrovata duck! dopo giorni intensi, riesco oggi per la prima volta a fermarmi un po' nelle rete dei blog. e trovo te con amélie :)
    dunque, di lei ho letto solo il famoso "stupore e tremori" trovandolo molto godibile. mi sono però fermata lì, poiché una cara amica, con la quale ho affinità di lettrice, ha definito, altri suoi libri verso i quali mi sarei indirizzata, "inutili". ho dunque ritirato la manina protesa verso eventuali ulteriori acquisti e mi sono messa in attesa. non so di che. segni, probabilmente. come questo ;) buon sabato!

    RispondiElimina
  3. a me piace molto la scrittrice, e mi piace molto anche la tua recensione!
    grazie e piacere di averti scovata in rete, sono anche io una libro-ossessa!

    RispondiElimina
  4. mi sembra giusta la tua analise del fenomeno nothomb, sai che ho vissuto a bruxelles ai tempi dei suoi primi libri ed era sua vicina di casa prima che lei andasse a parigi dopo aver pubblicato con la albin michel - era gia un personaggio molto particolare ! ho letto molti libri suoi e per fine mi sono stancata, diventavano veramente repetitivi ... ma vabbe forse leggero anche questo ! :-)

    RispondiElimina
  5. Veramente anche a me è piaciuto, ho riso tanto leggendolo... prova con "metafisica dei tubi"... l'ho trovato davvero carino e divertente. Più angosciante invece "l'igiene dell'assassino", tutt'altra atmosfera...

    RispondiElimina
  6. Chiedo scusa a tutti per aver visto solo oggi (13 gennaio! GULP!) i vostri commenti. Per una mia 'pippata' - termine tecnico ad indicare una qualche sciocchezza commessa -, non mi era stata notificata la presenza di commenti a questo post.
    Grazie a tutti e scusatemi ancora!

    RispondiElimina