mercoledì 16 febbraio 2011

Le poesie del mercoledì: Emily Dickinson

Da qualche giorno leggo le poesie di Emily Dickinson.

Le leggo dopo pranzo, quando in casa regna una strana atmosfera sospesa: la Spia e le gatte sonnecchiano, ognuno nel suo posto preferito per la siesta pomeridiana ed io sono sola, e in silenzio.

Non credo si possa restare indifferenti ai versi di Emily Dickinson.
Hanno una tale qualità di originalità, unicità, individualità che non li si può leggere scrollandoseli poi di dosso come se niente fosse.


Non voglio dire che debbano piacere a tutti, anzi (di cosa si potrebbe dire una cosa del genere, tra l'altro?).


Ho letto alcune sue poesie che mi hanno lasciata frastornata e confusa: non ho capito, non ho sentito che cosa volessero esprimere.
Pure, ho capito e sentito benissimo che sono il frutto di una sensibilità potente, originalissima, irripetibile (cosa che forse si potrebbe dire di ogni sensibilità; pure, pare evidente che per alcune ciò sia più vero).

Anche così, non capendo e non sentendo, la suggestione delle loro parole è stata intensa e mi è sembrato di scorgere, di sfuggita, un bagliore, il riflesso fuggevole e ipnotico di qualche strano reame cui finora non ho avuto accesso e della cui esistenza e misteriosa, straniata bellezza, però, non posso dubitare.


E certo, il personaggio Emily Dickinson non può non colpire e sedurre.
Che cosa spinge una giovane donna a chiudersi in una stanza e a non uscirne che in un paio di occasioni in circa 30 anni?


Quale disciplina, quale feroce desiderio di essere fedeli a se stessi possono indurre a fare una scelta tanto drastica, tanto estrema, tanto assurda - in fondo?
Oppure, quale paura del mondo, quale impossibilità, quale fragilità estrema e irredimibile?

Pure, dalla sua stanza chiusa, Emily Dickinson visse a modo suo un'esistenza piena: non solo una vita interiore e creativa di rara potenza e intensità, ma anche una vita di relazione, di scambio e di comunicazione con gli altri.


Mi chiedevo, ieri pomeriggio: non avrà mai sentito la tentazione di abbandonare quel suo eremo in cui nessuno l'aveva confinata? Di venir meno alla sua scelta optando per una vita meno estrema, più incline al compromesso?Non avrà mai sentito pesarle addosso come un macigno la solitudine?


Poi ho letto questa poesia e mi è sembrato di avere avuto una risposta.


****


Sola, non posso essere -
poiché schiere - mi visitano -
compagnia senza traccia -
che elude chiavi -


Non hanno vesti, né nomi - 
non almanacchi - né climi -
ma case diffuse
come gnomi - 


Il loro venire, è annunciato
da messaggeri interiori - 
il loro andare - non lo è -
poiché non vanno mai -




****




Emily Dickinson, Poesie, a cura di Massimo Bacigalupo, Mondadori 1995.



13 commenti:

  1. non sono ancora eremita tanto estremo quanto questa mia Sorella, ma forse un giorno... :D

    RispondiElimina
  2. Un mondo intero chiuso in lei, un mondo intero in quella stanza...

    ...

    As all the Heavens were a Bell,
    And Being, but an Ear,
    And I, and Silence, some strange Race
    Wrecked, solitary, here -

    And then a Plank in Reason, broke,
    And I dropped down, and down
    And hit a World, at every plunge,
    And Finishes knowing - then-

    ....

    [280 - c.1861]

    Un bacio di forte condivisione, cara, chè di fronte a certe parole, ci si trova di fronte a se stessi e così, d'improvviso, al mondo intero.

    RispondiElimina
  3. Non dico della Dickinson, ma del fatto che ci dovremmo tutti ritagliare nella giornata un piccolo momento dedicato alla poesia. Saremmo migliori.

    RispondiElimina
  4. P.S. Per dirti a che punto la apprezzi, ci sono periodi in cui attacco dei piccoli foglietti di carta, qua e là, su una finestra, sulla scarpiera, o su uno specchio, dove riposano placidi eppure guizzanti le sue parole. Piccole luci sparse qua e là che illuminano i miei passi solitari.

    RispondiElimina
  5. Molto bello quello che dici della solitudine,consolante se si è,comunque,insieme a "quella compagnia senza traccia che elude le chiavi"della poesia della Dickinson.

    RispondiElimina
  6. La Dickinson è uno di quei personaggi che mi son sempre ripromessa di leggere ma poi per un motivo o l'altro non l'ho fatto.
    Con le tue parole mi sento più vicina a lei e più curiosa di leggere quanto ha scritto. Devo comprare qualcosa di suo. Sicuramente. Con cosa mi consigli di iniziare?


    un abbraccio

    RispondiElimina
  7. @ Zio Scriba: ti dirò, la tentazione ogni tanto credo sia inevitabile sentirla, ma personalmente trovo sempre sconcertanti percorsi di vita tanto estremi, benché ne sia in qualche modo attratta.

    @ Giacy.nta: è incredibile come in un verso così breve ci sia tutto un mondo, vero? Baci

    Marilì: grazie per i versi che hai trascritto. C'è questa vena visionaria nella Dickinson che mi inquieta moltissimo e mi affascina terribilmente. Bellissima la tua abitudine di scrivere quei bigliettini e sparpagliarli per casa. Saluti!

    @ Alberto: come si fa a non esser d'accordo con te?

    @ Grazia: io penso che quella compagnia ce l'abbiamo tutti; il punto è che la maggior parte delle persone la rifugge: è troppo faticosa e troppo coinvolgente.

    @ Iulia: in realtà, che io sappia, della Dickinson puoi trovare soltanto tutte le poesie (per esempio nell'edizione Mondadori che ho indicato alla fine del post) e le lettere (che io ho in un'edizione dell'Einaudi Tascabili: è piuttosto vecchiotta, però, non so se sia ancora in catalogo). Perché non provi a dare un'occhiata in biblioteca, prima? Giusto per farti un'idea. Un abbraccio anche a te!

    RispondiElimina
  8. NOn so, di preciso, che cosa mi succede leggendo Emily. Eppure mi accade la stessa cosa che hai descritto. A volte ho la percezione di non cogliere con la ragione, ma capire e comprendere a fondo con la pancia e con quelle ferite "dentro". Quando parla di solitudine, piango.

    RispondiElimina
  9. proprio vero che ognuno ci legge cose diverse. io trovo questa poesia disperata. una disperazione senza alcun rimedio, di una mente profondamente depressa. mi appare come il delirio, squisito ma pur sempre delirio, di una mente in totale balia di se stessa, non piu' contenuta da regole e convenzioni. mi verrebbe voglia di dirle: dai emily non rompere i coglioni e usciamo che fuori c'e' un bel sole e ci famo una bella passeggiata e ci mangiamo un gelato...
    personaggio molto affascinante (mi sembra di ricorda che secondo alcuni e' un buon esempio di depressa bipolare) e inquietante, nella sua assolutezza e nei suoi eccessi.
    stef

    RispondiElimina
  10. @ Occhi di notte: benvenuta. Leggere poesia è un'esperienza talmente singolare e unica e individuale che davvero ci sono infiniti modi di farla e di viverla, tanti quanti sono coloro che la fanno e la vivono. Saluti!

    @ Stefano: per certi versi è difficile darti torto. Non sono uno psichiatra ma non dubito che per arrivare a scegliere quel destino di "deprivazione", la Dickinson qualche problemino dovesse averlo. Pure, in certe poesie è così evidente che, pur essendosi imposta un'autoreclusione dal mondo, del mondo sapeva molto e molte delle cose essenziali che vale la pena di sapere - almeno secondo me.
    Saluti!

    RispondiElimina
  11. Eppure, proprio in questi nostri tempi, ho l'impressione, guardando anche a me stessa, che in molti cerchino rifugio nelle proprie case. Il calore di una stanza dove vivere con le proprie fantasie, i pensieri, i libri ...è così più facile che uscire in un mondo caotico, assordante.
    Ciao Duck, davvero bello il tuo blog!
    Lara

    RispondiElimina
  12. @ Lara: benvenuta. Potrei sottoscrivere parola per parola ciò che hai scritto e in realtà, come dicevo a Zio Scriba, di tentazioni eremitiche ne ho ad abundantiam. È che poi mi chiedo se non sia più giusto cercare una difficile, ma forse non impossibile, conciliazione anche con quel mondo caotico e assordante che è fuori.
    Saluti!

    RispondiElimina