mercoledì 6 aprile 2011

Le poesie del mercoledì: Nota di geografia di Erri De Luca

Di solito non scrivo di cronaca, in questo blog.

Un po' perché non ho mai voluto dare un taglio del genere a questo spazio, che è nato soprattutto come luogo di incontro con gli altri e di condivisione di cose che appartengono, per lo più, a dimensioni che con la cronaca hanno pochissimo a che fare.
 
Poi perché nei confronti della cronaca ho un atteggiamento ambivalente che non mi fa onore: da una parte tendo a disinteressarmene, a vivere come se fossi in una bolla di vetro; dall'altra, quando, per così dire,  mi viene a cercare - ed è un bene che lo faccia, mi rendo conto, anche se poche sono le volte in cui mi fa piacere - non posso fare a meno di indignarmi e incazzarmi e deprimermi oltre ogni dire.

Poi però ti capita di imbatterti in post come questo, che rimanda a un altro post, questo,  e qualche giorno dopo ne leggi un altro, che ti emoziona terribilmente, questo, e tutti e tre parlano di cronaca di questi giorni, proprio di quella cronaca che vorresti tanto far finta non esistesse, perché è davvero dura da sopportare e da capire, ma proprio per questo chiede una presa di posizione, chiede - al di là delle orrende strumentalizzazioni che se ne fanno da ogni parte - che tu ti scuota e esca dal torpore e dica qualcosa. 

E allora io dico qualcosa, ma non con parole mie, ché quelle che sento di avere mi sembrano confuse e smozzicate e quasi incomprensibili anche a me.

Prendo a prestito quelle di Erri De Luca.

Qualche giorno fa, leggendo un suo libro di poesie (libro su cui ho delle perplessità; De Luca mi convince di più quando parla) mi sono fermata proprio all'inizio, a pagina 7, dove ho trovato queste righe:


Nota di geografia

Le coste del Mediterraneo si dividono in due,
di partenza e di arrivo, però senza pareggio:
più spiagge e più notti d'imbarco, di quelle di sbarco,
toccano Italia meno vite, di quante salirono a bordo.
A sparigliare il conto la sventura, e noi, parte di essa.
Eppure Italia è una parola aperta, piena d'aria.


(da Sola andata. Righe che vanno troppo spesso a capo, 2005)

8 commenti:

  1. Quando si affronta questo argomento sono presa da un pudore che mi toglie la parola. Riconosco nella poesia di Erri De Luca un riserbo simile. Non c'è un solo riferimento diretto. Si riesce a comunicare ciò che si prova solo in modo "trasversale" o appoggiandosi a qualcuno o qualcosa. E' quello che è successo anche a te ( mi riferisco al modo in cui hai introdotto la poesia ), a Lara, a Giulia, a Julia e a me in questo momento. Non so se c'entri qualcosa il senso di colpa o quello di impotenza.

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  2. @ Giacy.nta: io credo tu abbia messo il dito nella piaga, subito. Almeno nella mia. Senso di colpa e impotenza sono i miei sentimenti riguardo a questa storia. E subito dopo seguono l'indignazione e l'incredulità.

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  3. Riconosco il pudore di Giay.nta che è anche il mio.Per questo, dopo quello che è successo stasera,un abbraccio forte di condivisione è l'unico commento che mi sento di fare.

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  4. In questi momenti, come dice Grazia, abbracciarsi è una delle cose che fa meglio all'animo straziato. Ma teniamo alta la voce, anche. Chè sappiano che ci siamo, che non tolleriamo, ma abbracciamo. Ciao cara Duck

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  5. Cara Duck, grazie, grazie di cuore per le tue bellissime parole.
    Anch'io riconosco dentro me un sentimento di pudore quando si parla di questi argomenti.
    Però, sono sincera, provo anche molto, ma molto dolore.
    Dolore dettato da esperienze di vita passata che cambiano, inevitabilmente, qualunque persona.
    Purtroppo a volte neanche il presente è poi così roseo. Che dire. Speriamo nel futuro.

    un abbraccio e grazie per la bellissima poesia di Erri De Luca

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  6. Cara Duck, anch'io sento spesso di vivere in una bolla di vetro, perché vorrei non sapere.
    Purtroppo è la realtà che in qualche modo ci viene incontro. Una realtà che si vive con dolore e dove ci si ritrova a prendere posizione, il più possibile in modo "trasversale", come scrive Giacy.nta.
    Ti abbraccio,
    Lara

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  7. Io ormai ho superato la fase dell’indignazione. Sono sempre incazzata (scusami ma credo sia l’unico termine che racchiude rabbia e senso di impotenza) quando leggo/ascolto i fatti di cronaca. Poi, però, subentra qualcos’altro. Una cosa che va oltre il senso di colpa. Sono incoerente, mi comporto in modo che… Per innervosirmi, mi basta arrivare al parcheggio della Coop, con quella decina di ragazzi (credo senegalesi) che vagano intorno alle auto chiedendo l’euro del carrello. A volte non gli do neppure il tempo di parlare. Rispondo automaticamente “No”. In genere insistono un po’ e poi vanno via. L’altro giorno, però, uno di loro ha semplicemente detto “Va bene. Ciao”. Ed io mi sono sentita una nullità con tutte le mie presunzioni: quella di potermi indignare di fronte a chi dice respingiamoli e, d’altro canto, il ritenermi in diritto d’esser lasciata in pace. Temo di non essere una persona migliore di quelle che critico…
    Un bacio

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  8. @ Grazia e Marilì: sì, che disgraziata sincronicità l'essermi decisa a pubblicare questo post il giorno stesso in cui è accaduto quell'orrore. Grazie a entrambe.

    @ Iulia: speriamo nel futuro, davvero. Io sono un'inguaribile ottimista, ma devo ammettere che negli ultimmi tempi mi sento vacillare. Un abbraccio affettuoso.

    @ Lara: sì, prendere una posizione è necessario, anche se a volte non è sufficiente, temo.

    @ Barbara: il tuo racconto mi ha commossa: è così sincero e coraggioso. Mi sento anch'io come te, indignata contro chi nega a queste persone ogni diritto ad una vita più dignitosa e insieme spesso assediata da queste stesse persone che cercano di costruirsela, questa vita più dignitosa, e hanno bisogno del nostro aiuto per farlo. Non so che dire.

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