
È un fatto risaputo che le donne siano soggette a soffrire di depressione più degli uomini e che tra le cause maggiormente scatenanti questa malattia (perché lo è, e sarebbe anche ora che lo si capisse una volta per tutte) ci sono la morte di una persona cara, il divorzio e il trasloco.
Ora, riguardo alle prime due non posso - fortunatamente - pronunciarmi, ma non ci vuole un grande intuito per capire che in effetti costituiscono un ottimo motivo per ritrovarsi, come si suol dire, un bel po' acciaccati dalla vita.
Quanto al trasloco, sono perplessa. E penso di avere due o tre cose da dire sull'argomento, visto che, come dicevo nel precedente post, negli ultimi dieci anni ne ho fatti ben 6 (anzi, a ben pensarci 7).
Che un trasloco provochi una stanchezza fisica quasi ai limiti dell'astenia, senz'altro.
Che induca spesso, anche nelle persone più serafiche e pacifiche, stati di ansia e isteria mi pare un dato di fatto facilmente osservabile.
Ma che possa causare una depressione mi pare strano. Piuttosto, mi sembra che possa giungere anche a provocare un divorzio, o quanto meno a gettare le basi perché possa prodursi, alla lunga, un divorzio (e forse, a voler proprio essere catastrofisti, anche la morte di una persona cara; intendo ovviamente quella del coniuge, per omicidio) e dunque, per via indiretta, anche una depressione.

Come che sia, come si sarà capito, vi scrivo da una casa che non assomiglia più molto a una casa, ma ad una via di mezzo tra un magazzino e un luogo in cui si sia abbattuto un qualche devastante fenomeno naturale: non proprio un luogo ameno, insomma.
Io e la Spia abbiamo già cominciato a non trovare le cose e a non ricordarci più se il tale oggetto è già stato imballato o no, e dunque passiamo interi quarti d'ora imbambolati, stremati e indecisi sul da farsi (è meglio cercare l'oggetto in questione per tutta casa o cominciare a sballare gli scatoloni dove presumibilmente abbiamo potuto metterlo?), con in mano la pistola per lo scotch e le gatte che ci miagolano, stranite e petulanti, intorno ai piedi e sembrano chiederci ragione di tutto questo delirio (di nuovo! Per i gatti, non è una novità, ogni cambiamento che non sia stato scelto da loro è un incubo).
Ma un trasloco è anche e soprattutto, più che la fine di qualcosa, l'inizio di qualcos'altro.
A me, inguaribile ottimista ai limiti dell'idiozia, piace vederla da questo punto di vista.
E la fatica, la confusione, lo smarrimento, i disagi, le spese (le spese!) sono come i dolori che accompagnano ogni nascita: più o meno sopportabili, ma pressoché inevitabili, e magicamente dimenticati non appena ci si ritrova una nuova vita tra le braccia, tutta nostra, nata dal nostro amore - si spera - da un progetto comune e dalla nostra fiducia nel domani.
A presto!