La prima volta che ho letto questa poesia credo avessi 17 o 18 anni ed ero ossessionata da Cesare Pavese.
Come molti sanno, fu grazie a lui che Fernanda Pivano conobbe L'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, dalla quale rimase tanto incantata da volerla tradurre in italiano "per uso personale", come si suol dire: quel suo manoscritto, tenuto in un cassetto della sua scrivania e nascosto con pudore, finì poi nelle mani di Pavese, che convinse Giulio Einaudi a pubblicarlo.
Lunga è la lista di intellettuali, poeti, musicisti e persone comuni (se mai è pensabile usare un simile aggettivo per le persone) che negli anni questa straordinaria raccolta di poesie ha sedotto e turbato.
Forse proprio le parole di Fernanda Pivano possono aiutare a capire le ragioni di tanta fascinazione:
Non c'è dubbio che per un'adolescenza come la mia, infastidita dalla roboanza dell'epicità a tutti i costi in voga nel nostro anteguerra, la semplicità scarna dei versi di Masters e il loro contenuto dimesso, rivolto a piccoli fatti quotidiani privi di eroismi e impastati soprattutto di tragedia, erano una grossa esperienza; e col tempo l'esperienza si approfondì, individuando, coi temi di quel contenuto, il mondo che lo ispirava: la rivolta al conformismo, la brutale franchezza, la disperazione, la denuncia della falsa morale, l'ironia antimilitarista, anticapitalista, antibigottista: la necessità e l'impossibilità della comunicazione. In questi personaggi che non erano riusciti a farsi "capire" e non avevano "capito", dal loro dramma di poveri esseri umani travolti da un destino incontrollabile, scaturiva un fascino sempre più sottile a misura che imparavo a riconoscerli; e per riconoscerli meglio presi a tradurli, quasi per imprimermeli nella mente.
Tante le voci di questo cimitero di collina che mi emozionano e mi parlano (e negli ultimi tempi trovo sempre più vera quella di Dorcas Gustine).
Ma quella di George Gray rimane, da sempre, quella che più sento mia.
Oggi, come al tempo dei miei 17 anni, mi ricorda quanto e che cosa si rischi a non vivere la propria vita.
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George Gray
Tante volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l'amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l'ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell'inquietudine e del vano desiderio -
è una barca che anela al mare eppure lo teme.
Mamma mia quante volte ho letto questo libro e quante volte ho ascoltato De Andrè. Vuoi sapere una delle mie preferite. Posso ?
RispondiEliminaWalter Simmons
I miei genitori pensavano che sarei diventato
grande come Edison o più grande:
perché da ragazzo costruivo palloni
e aquiloni meravigliosi e giocattoli a molla
e piccole locomotive che correvano su rotaie
e telefoni di barattoli e filo.
Suonavo la cornetta e dipingevo,
modellavo la creta e recitai la parte
del cattivo in Octoroon.
Ma poi a ventun anni mi sposai
e dovevo vivere, e così, per vivere
imparai il mestiere dell’orologiaio
e avevo una gioielleria in piazza,
e pensavo, pensavo, pensavo, pensavo,-
non agli affari, ma alla macchina
che progettavo di costruire.
E tutta Spoon River aspettava impaziente
di vederla in funzione, ma non funzionò mai.
E qualche anima buona pensò che il mio genio
fosse in qualche modo impedito dal negozio.
Non era vero. La verità era questa:
non avevo genio.
è meravigliosa. grazie.
RispondiEliminaGrazie! Grazie a te, Duck, che settimanalmente mi conduci nel mondo della poesia, mondo a me ancora sconosciuto e grazie anche a te, Grazia, che hai aggiunto poesia alla poesia. L'Antologia di Spoon River la lessi tanti anni fa, primo o secondo anno d’università, prestata da Ilaria, una mia carissima amica. Forse non la capii molto e non capii molto neppure la ragione per la quale il libro è stato per mesi sul comodino di Ilaria. Ora questi due assaggi mi hanno fatto venir voglia di acquistarne una copia e rileggerla. Grazie ancora.
RispondiEliminaBarbara
@ Grazia: Bellissimo l'album di De Andrè, indimenticabile.
RispondiEliminaE grazie per aver scritto anche questa poesia, splendida.
Allora ne scrivo anch'io un'altra, quella che negli ultimi tempi mi risuona nelle orecchie molto spesso, cui accennavo nel post.
Dorcas Gustine
Non ero amato dagli abitanti del villaggio,
tutto perché dicevo il mio pensiero,
e affrontavo quelli che mancavano verso di me
con chiara protesta, non nascondendo né nutrendo
segreti affanni o rancori.
È assai lodato l'atto del ragazzo spartano,
che si nascose il lupo sotto il mantello,
lasciandosi divorare, senza lamentarsi.
È più coraggioso, io penso, strapparsi il lupo dal corpo
e lottare con lui all'aperto, magari per strada,
tra polvere e ululati di dolore.
La lingua è magari un membro indisciplinato -
ma il silenzio avvelena l'anima.
Mi biasimi chi vuole - io son contento.
@ Barbara: io penso sempre che ci sia un tempo per ogni libro, e per alcuni libri questo tempo può non arrivare mai, e va benissimo così. Si legge ciò di cui si ha bisogno, credo.
RispondiEliminaMa pensare di poter in qualche modo contribuire al tuo secondo incontro con Lee Masters mi fa piacere. Se ti va, dimmi poi com'è andata.
Un grande abbraccio
Ecco: questo per chi ama anche Ludovico Einaudi
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=C6It3of0YWA
Lee master, Pivano e Faber.
RispondiEliminaLe ore passate ad ascoltare "Non al denaro, non all'amore né al cielo" leggendo la prima edizione dell'antologia tradotta da "Nanda".
http://misiamistrani.blogspot.com/2010/07/tom-beatty-el-master.html