mercoledì 2 febbraio 2011

Le poesie del mercoledì: Memoria - Natalia Ginzburg

Il 5 febbraio 1944, nel carcere romano di Regina Coeli, moriva Leone Ginzburg.

Me ne sono ricordata qualche sera fa quando, davanti alla libreria, cercavo ispirazione per la poesia di oggi.

Mi è venuto in mente, allora, che ne esisteva una, struggente, che sua moglie Natalia aveva scritto per la sua morte.

L'ho ritrovata in un testo che amo moltissimo, È difficile parlare di sé, delle edizioni Einaudi, la trascrizione fedele di una lunga "Conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi" (questo il sottotitolo) con Natalia Ginzburg. Un libro prezioso per chi voglia ritrovare intatta la voce a tratti teneramente spaesata ed esitante, a tratti invece sorprendentemente chiara e ferma di questa grande scrittrice del '900.

La poesia è accompagnata dal racconto Inverno in Abruzzo (raccolto ne Le piccole virtù, sempre di Einaudi, il mio libro preferito della Ginzburg; qui un breve post che ho scritto sull'argomento) e dalla bellissima lettera che dal carcere Leone le scrisse poco prima di morire.

Allora ho ripensato a questa foto, scattata nel 1938, l'anno del loro matrimonio.

Leone aveva 29 anni ed era già un affermato e brillantissimo intellettuale, assai noto ed attivo negli ambienti antifascisti; Natalia una ragazza di quasi 22 anni che aveva appena cominciato a muovere i primi passi nel mondo della letteratura.

Molti amici di lui non seppero spiegarsi la scelta di quella ragazza non particolarmente bella, apparentemente poco brillante e timidissima.
Altri, invece, giunsero alla conclusione che se Leone si era innamorato tanto appassionatamente di lei, dietro il suo aspetto dimesso, la voce flebile e la riservatezza, Natalia doveva nascondere qualche tesoro di valore.

Noi che abbiamo letto i suoi libri e li amiamo possiamo forse immaginare che cosa, di quella ragazza, conquistò Leone Ginzburg; che cosa vide in lei, magari solo in potenza, magari non ancora pienamente espresso e fiorito, ma visibile a chi avesse avuto gli occhi per vedere: forse la sua dirittura morale, la sua onestà intellettuale, la sua straordinaria capacità di esprimere sempre opinioni personali, meditate, autonome, con grande forza e insieme rispetto per tutti gli interlocutori; forse quel suo sguardo limpido sul mondo e sulle cose, privo di pregiudizi, uno sguardo fanciullo e al tempo stesso saggio, sapiente, antico che sapeva abbracciare con la stessa lucida comprensione la vita e la morte, l'amore e l'odio, l'ironia e il dolore.

Ho studiato infinite volte questa fotografia, con grande tenerezza, come se ritraesse una coppia di amici o di giovani zii molto amati.
Ci vedo, sì, una giovane perplessa, ritrosa, poco sicura di sé, ancora acerba ed un uomo dall'espressione seria, concentrata, volitiva.

Ma quel braccio di lui che la cinge, quella mano che le circonda il braccio e che sembra sostenerla, proteggerla, rassicurarla, mi sembra al tempo stesso tenerla vicina a sé, cercare in lei un sostegno, appoggiarsi a quel giovane corpo snello, quasi a sincerarsi che sia davvero lì, accanto a lui, per lui.

E così è stato, fino alla fine.


****


Memoria


Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.
Comprano cibo e giornali, muovono a imprese diverse.
Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.
Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,
Ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.
Ma era l'ultima volta. Era il viso consueto,
Solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.
E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle
Che spezzavano il pane e versavano il vino.
Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo
A guardare il suo viso per l'ultima volta.
Se cammini per strada, nessuno ti è accanto.
Se hai paura, nessuno ti prende la mano.
E non è tua la strada, non è tua la città.
Non è tua la città illuminata: la città illuminata è degli altri,
Degli uomini che vanno e vengono comprando cibi e giornali.
Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra
E guardare in silenzio il giardino nel buio.
Allora quando piangevi c'era la sua voce serena.
Allora quando ridevi c'era il suo riso sommesso.
Ma il cancello che a sera s'apriva resterà chiuso per sempre;
E deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa.


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17 commenti:

  1. Tu sai che per me Natalia Ginzburg non è soltanto una scrittrice amata. Questo tuo post mi ha commossa e vorrei - se tu mi autorizzi- trasmetterlo a chi ha l'immagine di Natalia più profondamente impressa nel cuore.Grazie

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  2. Non so se l'altrocommentoche ti ho scritto ti sia stato inviato o no. Ti dicevo soltanto che Natalia Ginzburg - come tu sai- per me non è soltanto una scrittrice amatissima.Vorrei inviare questo tuo bellissimo post a chi per affetto e legami familiari le è e le è sttao più vicino. Posso ?
    Grazie

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  3. Piegata, dal brivido di morte, dall'urlo silenzioso di dolore, dall'amore strabordante le parole stesse. Colpita nel profondo, mi sento, ora. Bye dear Duck

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Versi bellissimi e struggenti (e bellissima anche lei nella foto...)

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  6. la poesia e quello che scrivi è da brividi lungo la schiena

    nota a margine: all'epoca uno a 29 anni poteva essere già "un affermato e brillantissimo intellettuale", oggi nel nostro paese a 29 anni non puoi essere nessuno.
    che tristezza, che declino!

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  7. La poesia che hai scelto è davvero un suo ritratto, c'è tutto ciò che hai messo in evidenza nel descriverla e ciò che si evince dalla tenera fotografia. Sto leggendo Agota Kristof in questi giorni. Il suo sguardo sulle cose è, per certi versi, affine. A legarle c'è la mancanza di retorica, la semplicità, la capacità di rappresentare nella loro disarmante evidenza anche le cose più segrete. Grazie Duck, è sempre un'esperienza bellissima passare da te!

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  8. La poesia e' triste e bellissima. Cosa si vede quando ci si innamora? Tutto e niente per me, se il sentimento prevale sopra alla ragione in quel momento tutti i pezzi del puzzle si incastrano. Sono state persone importanti, Natalia e Leone, e si tende a gravitare verso chi ci interessa, non solo per amore.

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  9. @ Grazia: ma certo che puoi far leggere questo post ad altri, Grazia cara.

    @ Marilì: che emozione il tuo commento. E che piacere rivederti qui.

    @ Zio Scriba: Natalia Ginzburg non è mai stata considerata bella secondo i canoni tradizionali (che poi son quelli che meno hanno a che fare, spesso, con la bellezza vera), pure aveva qualcosa di misterioso ed attraente, credo lo sguardo soprattutto, malinconico, asciutto, severo.

    @ Gaia: ho fatto la tua stessa riflessione mentre scrivevo il post. L'unico 30enne intellettuale brillante e di successo in Italia che mi viene in mente è Saviano, che fa una vita da non augurare a nessuno.

    @ Gyacinta: prima o poi la leggerò la Kristof, che molti mi dicono essere autrice di prim'ordine. Ecco un punto fondamentale che hai evidenziato tu, una delle ragioni del mio amore per la Ginzburg: l'assenza di retorica. Grazie!

    @ Alessandra: che cosa si vede quando ci si innamora? Credo dipenda dal grado di consapevolezza delle persone: si può vedere quello che gli altri non vedono perché ciechi o quello che si vede solo noi perché in effetti non esiste, e si finisce per prendere solenni cantonate. Ma hai ragione, comunque la si metta, l'amore è una faccenda misteriosissima.

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  10. Pensavo, leggendola, che a volte è il coraggio della autenticità, della fedeltà ai sentimenti (e quindi alla accettazione del dolore, della perdita), insieme con il coraggio della la semplicità, a fare grande la poesia. Non sbagli un colpo, Ale.
    Gil

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  11. @ Gil: coraggio, autenticità, fedeltà ai sentimenti, accettazione del dolore e della perdita, semplicità: tutto verissimo (come son lucide le tue riflessioni, e come vanno al punto subito). E tutto vissuto senza compiacimento, senza fanfare, senza retorica, appunto - come faceva notare giustamente Gyacinta.
    Grazie caro, una buona giornata a te

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  12. Così piena di un dolore dignitoso ma intenso questa poesia della Ginzburg... è così vero che quando siamo nell'angoscia della perdita di chi amiamo ci sembra che la vita che ci circonda non ci appartenga più, che possa essere solo di chi non ha subito la nostra perdita e continua a vivere come se non esistesse la morte... a volte siamo noi gli "uomini che vanno e vengono comprando cibi e giornali" senza accorgerci di chi cammina in fianco a noi e non riesce nemmeno a vederle le luci della città. Grazie per questa altra suggestione, per questo altro momento di poesia, Duck, e buon fine settimana!

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  13. @ Cristina: grazie dei tuoi commenti, che si sente sono sempre meditati e scritti con attenzione.
    Buon fine settimana anche a te.

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  14. "Lessico familiare" l'ho letto quattro volte, ormai lo cito a memoria, e lo sento appartenere alla mia storia per l'intimità con cui è scritto.
    La poesia non la conoscevo, grazie!

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  15. @ Chiara: sì, la forza di Lessico famigliare credo sia propria questa: è nato come libro personale e intimo, come rievocazione e celebrazione commossa e pudica della propria famiglia, ma è diventato poi un libro in cui tutti si riconoscono. Una gemma.

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  16. sto piangendo...mio marito si é tolto la vita due mesi fa e mi manca tanto...

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  17. @ Marina: ho esitato a lungo prima di pubblicare il tuo commento, poi ho pensato che se l'hai lasciato è perché volevi che venisse pubblicato e che in qualche modo altri partecipassero alla tua sofferenza. Non so perché tu abbia scelto proprio questo luogo per darle voce, forse neanche tu lo sai, ma non è importante.
    Ho sempre pensato che non ci siano davvero parole da dire per lenire il dolore degli altri; quel che si può fare è ascoltarlo, riconoscerlo, accoglierlo, non ignorarlo. Sto cercando di farlo, anche se in modo tanto goffo.
    Ti saluto con affetto

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