mercoledì 26 gennaio 2011

Le poesie del mercoledì: Li Po e un omaggio a Virginia Woolf

La poesia di oggi è in realtà poco più che un pretesto per parlare di Virginia Woolf, della cui nascita ieri ricorreva l'anniversario (ecco il post che ho scritto per l'occasione due anni fa).

Si tratta della traduzione in inglese di un testo di Li Po, poeta cinese dell'VIII sec. d.C.

L'autore è Lloyd Logan Pearsall Smith, uno scrittore americano morto nel 1946.

Di lui non si ricorda molto, di questi tempi, a parte alcuni brillanti aforismi che potete trovare anche su Wikiquote (tra cui uno, che trovo molto bello anche se estremo, persino ai miei occhi: "La gente dice che ciò che conta è vivere, ma io preferisco leggere").

Probabilmente non avrei mai saputo alcunché di Smith se parecchi anni fa non mi fossi imbattuta in lui in un libro che amo molto, Virginia Woolf. Interviews and Recollections, una raccolta di testi di varia natura e origine in cui la ricordano persone che l'hanno conosciuta.
Ci sono frammenti di lettere e diari, articoli di giornali e necrologi; tra gli autori i suoi più cari amici, ma anche conoscenti che ebbero con lei frequentazioni più superficiali e sporadiche, proprio come Smith.

I due si incrociarono a qualche festa; a qualche cena si trovarono seduti vicini allo stesso tavolo e chiacchierarono amabilmente del più e del meno.
Si scrissero qualche volta: lei lo invitò per un tè; lui le propose di entrare a far parte di qualche comitato (e lei, ovviamente, rifiutò). Poi si persero di vista.
Per quanto i loro scambi fossero sempre stati all'insegna di una scherzosa gentilezza, non riuscirono mai a diventare amici.

Smith non ci dice esattamente che cosa lo impedì; ma si capisce che lei lo trattava con una certa quale cortese accondiscendenza e che lui rimase gelato dalla sua apparente mancanza di calore.

Ed eccoci tornati a Li Po.

Pensando a Virginia Woolf, a Smith veniva in mente proprio questa sua antica poesia.

C'è una regina, che in una gelida notte d'inverno si aggira per il suo palazzo; nel silenzio notturno appena increspato dal fruscio delle sue vesti preziose, ella scende i gradini di una scala di giada, giunge poi a una finestra, la apre e vi si affaccia per contemplare la luna.

Null'altro accade nella poesia, se non questo silenzioso e solitario rimirare l'astro notturno da parte di questa ignota e misteriosa regina.

Con pochi tratti, elegantissimi e stilizzati, Li Po ne descrive la ricca e luminosa veste di seta, il lungo velo argenteo che pare imperlato di rugiada come l'erba del parco che circonda il palazzo regale; il suo quieto, immobile rimirare la luna.

La scena potrebbe essere delle più serene e idilliache, ma non lo è; in modo impalpabile ma nettamente percepibile, essa è immersa in una mortale e profonda tristezza.

In questa poesia tutto è silenzio, gelo, immobilità, solitudine; anche la bellezza - della notte di luna; del palazzo con le sue scale di giada e il suo parco immerso nella luce dell'astro notturno; della regina, che immaginiamo di maestosi e purissimi lineamenti - non basta a infondere un alito di vita a un'immagine perfetta ma algida, raggelata: come i raggi della luna, anche i sogni della regina sono pallidi e freddi, privi di calore.

Eccola, la traduzione di Smith.
Ve la trascrivo, perché trovo che abbia una sua suggestiva musicalità.
(Mi scuso con chi non abbia familiarità con l'inglese, ma non la traduco in italiano, perché tradurre la traduzione di una poesia è davvero un po' troppo).


The stairs of jade with dew are wet,
On this long autumn night, and yet
With many a pause and footstep slow,
Up in the dark the Queen must go.
Her dress of glimmering silk, her veil,
Drenched with the drops of silver, trail.
Through the pavillion will she pass,
And open the window-blind and glass;
In will a pearly radiance pour
And shine in pools upon the floor.
There gazing on the moon, whose beams
Are pale and cold as her own dreams,
A long time leaning on her hands,
A long, long time the Empress stands.


Dunque questa era l'immagine che Smith aveva di Virginia Woolf: un essere di squisita bellezza e raffinatezza, un sogno prezioso e sofisticato di perfezione, ma freddo e glaciale, scostante e privo di vitalità, immerso in un'atmosfera di sottile e inquietante disperazione sommersa.

Non che questo non fosse vero, in un certo qual modo.

Tutti conoscono, almeno per sentito dire, la storia di Virginia Woolf: il suo genio, la sua follia, il suo suicidio nelle acque del fiume Ouse, novella Ofelia.

Ma chi la conobbe bene, chi la amò, ne amò soprattutto la natura gioiosa, allegra, piena di spirito e di malizia ed ebbe di lei un'immagine lontana mille miglia da quella di un'algida, seppure splendida, principessa.

Lascio allora la parola a Clive Bell, il cognato con cui Virginia, da giovane, flirtò a lungo e pericolosamente, cui la legarono sempre sentimenti contraddittori ma profondi, la prima persona che ne abbia capito il genio e l'abbia incoraggiata a scrivere (e questo spiega molto della reciproca fascinazione che c'era tra i due).

La Virginia che ho in mente io è soprattutto quella che vive in queste righe.


(...) ho l'ardire di affermare - ed è in effetti ardito l'affermarlo - che la sua era una natura felice.

So tutto di quelle sue crisi di cupa disperazione; aveva dei motivi per essere disperata, considerato che la minaccia della rovina incombeva
sempre su di lei ogni volta che indulgeva con eccessivo abbandono alla sua passione dominante - quella creativa.
Scrivere era la sua passione, la sua gioia e il suo veleno.
Pure, lo ripeto, la sua era una natura felice e lei fu felice.

Quanto alla sua gaiezza - se può avere importanza - posso dire che i miei figli, da quando furono abbastanza grandi da godere di qualcosa al di là delle loro piccole soddisfazioni animali, amavano più di ogni altra cosa una visita da parte di Virginia. La pregustavano come la più grande festa che si potesse immaginare: "Arriva Virginia! Quanto ci divertiremo!".

Così dicevano e sentivano quando erano bambini e così continuarono a dire e a sentire fino alla fine.
E la stessa cosa dicevamo tutti, e chiunque la conoscesse. "Quanto ci divertiremo!" - e quanto ci divertivamo.


Poteva essere divinamente spiritosa o selvaggiamente bizzarra; poteva riferire i pettegolezzi del villaggio o raccontare storie dei suoi amici di Londra; era sempre incredibilmente piacevole; si divertiva sempre, e noi con lei.

"Virginia viene per il tè": sapevamo che sarebbe stato eccitante, sapevamo che ci avrebbe fatto ridere, che ci avrebbe stupito e ci avrebbe fatto sentire che la temperatura della vita era diversi gradi più calda di quanto avessimo supposto...

Ricordo di aver trascorso nella campagna più sperduta un inverno di giorni bui e penosi, durante la prima guerra mondiale, insieme a Litton Strachey.

Un giorno, dopo pranzo, guardavamo la pioggia cadere e il buio avanzare precocemente.

A un certo punto egli disse, in quel suo modo personale e penetrante: "Amanti a parte, chi ti piacerebbe di più vedere comparire sul viale?".


Esitai un istante e lui fornì la risposta: "Virginia, naturalmente".




***

Virginia Woolf. Interviews and Recollections
, edited by J.H. Stape, University of Iowa Press 1995.

Recollections of Virginia Woolf By Her Contemporaries, edited by Joan Russell Noble, Cardinal 1972.

14 commenti:

  1. Ero pronta a leggere avidamente, visto il mio interesse per Virgina, ma ho dovuto rallentare il ritmo per non perdere neanche una parola ed un'imagine...
    Grande Duck!
    Grazie davvero, cara.

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  2. Duck, sei un'incantatrice nata .Alla fine vedrai che mi farai amare Virginia Woolf quasi come l'ami tu. Quello che scrivi è di grande finezza ed è bello mostrarci tutti le facce ( compresa quella dell'allegria) di quel diamante purissimo che fu la tua "amica" Virginia.
    Grazie, come sempre

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  3. @ Giacinta: bello scoprire queste passioni comuni. Bello, per me, condividere le mie con lettori tanto sensibili. Grazie a te.

    @ Grazia: lusingatissima (per l'incantatrice). Sì, volevo soprattutto parlare del lato più solare e meno noto di Virginia Woolf che nell'immaginario collettivo è soprattutto la scrittrice femminista pazza che si buttò in un fiume perché sentiva le voci. Fu anche quello, è indubitabile, ma non solo. Un abbraccio

    @ Chiara: ti pensavo mentre scrivevo questo post. Aspettavo con curiosità il tuo commento. Grazie!

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  4. Duck, ma lo sai che Virginia Woolf è una di quelle scrittrici che amo profondamente? L'ho conosciuta grazie al film "The hours" e sono rimasta talmente impressionata dal personaggio di Virginia che ho voluto saperne di più..ed è così che ho iniziato a leggere quanto da lei scritto.
    Che bella la poesia di Li Po, me la sono segnata sull'agenda.
    Grazie mille per questo post.

    un caro abbraccio
    Iulia

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  5. leggendo la poesia.. mi è venuta in mente Turandot.. bellissima e crudele..un ghiaccio che si scioglie ( " Chi quel gong percuoterà
    apparire la vedrà
    bianca al pari della giada
    fredda come quella spada
    è la bella Turandot! ")
    anche grazie al genio di Toscanini/Alfano e poi Berio... da leggenda a donna .
    Leggendo il resto del post..il pensiero si è focalizzato su Virginia Wolf, a Gita al faro .
    La fredda apparenza e rispetto delle norme ..si sciolgono davanti al mare, alla più profonda intimità e comunione di pensiero, teneramente. Un inno alla donna .
    Non so spiegare.. ho scritto di getto.
    Clelia

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  6. @ Iulia: è piaciuto anche a me The Hours, benché non so quanto in effetti fosse realistico il suo personaggio, nel film fin troppo tremebondo e inquieto. Ma è un bene che abbia incuriosito molte persone. Un abbraccio anche a te

    @ Clelia: quanto mi piace questa tua cultura operistica che mi ricorda tanto il mio babbo (anche lui, ogni tanto "parte": gli basta una parola - che magari dici senza neanche pensarci - e lui comincia a cantare, stonatissimo, qualche aria).
    Mi sembra tu ti sia spiegata benissimo, invece.
    Grazie del tuo commento così ispirato.

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  7. Anche se sono di corsa, devo per forza fermarmi e scriverti questo commento, Duck... fantastico post, meraviglioso post! Leggerti è sempre così bello (nel mio google reader il tuo blog l'ho messo sotto la cartella "ispirazioni"!), ma oggi hai veramente superato te stessa... la poesia è struggente e bellissima, ma ho amato ancor di più il brano di Clive Bell. Virginia Woolf è una delle mie scrittrici preferite, oserei dire una delle mie eroine, e scoprirla in questa versione di allegria domestica arrichisce ancor di più l'immagine che ho di lei... grazie, veramente grazie per questi spazi di cultura e di poesia che ci offri: ne abbiamo tanto bisogno, davvero! Un abbraccio!

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  8. @ Cristina: mi piace la tua definizione, allegria domestica; mi hai chiarito proprio quello che cercavo di trasmettere. Mi ripeto, ma che piacere che mi fa sapere di condividere questa mia passione con altri. Ricambio l'abbraccio

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  9. Una cosa un giorno da discutere. Virginia Woolf viene interpretata in maniera diversa se letta da un uomo da una donna. Sì lo so, è per tutti gli scrittori e scrittrici, ma per la Woolf di più.

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  10. @ Alberto: non so se sia più per la Woolf che per altri autori e autrici. Quel che so è che proclamò spesso che lo scrittore deve essere asessuato, che la scrittura non deve avere connotazioni sessuali e deve poter parlare indifferentemente a uomini e donne. Pure, suo malgrado, alcuni suoi testi ne hanno fatto un caposaldo della letteratura femminista e un'autrice vista con sconcerto, distacco, da molti lettori. Io non credo lei ne sarebbe stata contenta.
    Punto interessante, grazie.

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  11. che meraviglia duck! qualcosa su cui pensare e ripensare. dopo quanto, senza ancora aver letto questo post, ti avevo scritto solo ieri.
    grazie. come sempre :)

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  12. @ Tiziana: pare proprio che niente e nessuno sia come sembra, vero?
    Ti scrivo appena posso e ti do qualche consiglio di lettura, se ne accetti.
    Un caro abbraccio

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  13. duck: grazie, ne accetto eccome. un buon sabato cara!

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