mercoledì 2 marzo 2011

Le poesie del mercoledì: Natività - Natale 1992 - Michele Serra

Su aNobii, tempo fa, ho scritto questo commento a uno dei libri cui sono più affezionata, Il ragazzo mucca di Michele Serra.

Dico sempre scherzando che ci sono pochi uomini per cui mi prenderei la briga di mettere le corna a mio marito, e che tra di loro c'è sicuramente Michele Serra.

Non so, a me piace qualunque cosa dica o scriva quest'uomo, dalle sue Amache su Repubblica, ai suoi testi narrativi, alle rare sue incursioni in tv, mi sembra riesca sempre a dire ciò che penso.
Quando lo sento parlare o lo leggo, che si tratti di  un intervento spiritoso o di un'opinione meditata su un importante fatto di cronaca, è come se fossi di fronte a una versione molto più intelligente, articolata e profonda dei miei stessi sentimenti, delle mie stesse opinioni.

Mi piace questo suo riuscire ad unire sempre complessità del pensiero e fluida chiarezza dell'esposizione, quel suo tocco personalissimo che spesso è ironico e arguto, ma si fa a volte accorato e vibrante di passione senza mai essere patetico o retorico.

Mi piace che abbia sempre delle idee sue, che si sente nascono proprio da lui, distillate dalla sua propria esperienza, trasformate dal suo vissuto e non semplicemente un rimasticamento di cose sentite altrove e parzialmente metabolizzate e fatte proprie.

La verità è che più che l'amante, se proprio fosse possibile, di Michele Serra io vorrei essere la figlia.

E visto che si parla di padri e di figli, ecco la poesia di oggi.
È lunga e densa, non una poesia "da blog", sicuramente, ma se la leggerete comunque ho la presunzione di credere che non ve ne pentirete.

****

Natività
Natale 1992


Grotta ospedale, asino medico, bue infermiere
(il fiato che ho visto io era grigiastro
fiato da quarantesima emme-esse)
la madre sconquassata dalle doglie
(per una primipara circa dieci ore)
i camici inzuppati di sudore
e finalmente dalle cosce sfianche
sbuca questo tipetto sconosciuto
né rosa, né paffuto, né bello
con la testa sformata dal passaggio
dentro quel famosissimo budello
che muove il mondo, dicono, ma ora
sembra un cratere di granata. Il bambinello
è sporco di sangue, di placenta, "interiors"
una specie di fagotto sbrodolato
ridicolo, imbarazzante. La scena
più che un presepe ricorda i filmati
di Quark sul parto dello gnù.
Annichilitti tutti (madre, padre, personale
medico e paramedico, nonostante l'abitudine)
da questo arrivo irrimediabile
che sovrasta, annienta, terrorizza
perché niente può impedirgli di uscire
a questo teppistello di natura
stupratore della sua genitrice-nutrice
e la cosa più pazzesca è la felicità animale
di fronte a questo mostro imprevedibile
cieco, brutto, informe, dai gesti sconnessi
inumano, assolutamente inumano
questo astronauta delle viscere
che atterra proprio là dove ti trovi
(e anche se scappi, non hai scampo
perché lui atterra dal di dentro, il tuo dentro).
Hai un bel non credere ai marziani
ma quando lo lavano (era ora) e gli guardi le mani
i piedi, il naso e tutto il resto
ti accorgi che non sei tu, è un altro:
un implacabile alieno.
E ancora non sai che ti succhierà la vita
la maledetta blatta, diventando carino
(per giunta) in proporzione diretta
a ciò che riesce a rubarti: il tempo,
il sonno, l'amore, la protezione, il cibo
lo fanno bello, lo formano, lo crescono.
Nemmeno l'ombra di un presepe
addolcisce la vera natività
la cui sconvolgente cruenza, infine,
è proprio ciò che ti impedisce di reagire,
meravigliato come un pastorello
davanti a questo livido macello
che non ha niente di divino né di casto
e proprio niente di rasserenante.
Finalmente qualcosa che è più forte di te
questo sì, questo è decisivo
un amore impossibile da trattare
un amore coatto, obbligatorio: 
finalmente, per la prima volta nella vita
qualcosa che non è da discutere.
La nascita è nemica del dibattito
per sua natura è poco democratica.
Non è un che fare. È un fatto.
Poi viene la Chicco: per contratto. 



(da Poetastro. Poesie per incartare l'insalata, 1993)




10 commenti:

  1. Non me ne sono pentita infatti. Bellissima tutta. "finalmente, per la prima volta nella vita
    qualcosa che non è da discutere."

    RispondiElimina
  2. Bello quello che hai scritto su Michele Serra e bella la poesia, senza retorica su una nascita (perchè ogni nascita è una Natività ) e sulla difficoltà dell'obbligo d''amore,di quell'amore" coatto" che ogni nascita - "nemica del dibatto" -impone.Stranamente (o forse non stranamente)mi ha ricordato quel dipinto di La Tour che abbiamo commentato qualche tempo fa.Grazie tante!

    RispondiElimina
  3. ero giovine e ignorante, un'amica mi prestò Tutti al mare e mi innamorai di michele serra, che amo ancora oggi e al quale riconosco le stesse qualità di cui parli tu (e come ti sbagli?)
    anche se di quel libro ricordo soprattutto la scenetta sulle madri che ossessionano i figli perché non facciano il bagno entro le tre ore dopo pranzo, sia che abbiano mangiato poco, sia che abbiano ingurgitato un "tapiro allo spiedo". ecco, il tapiro allo spiedo è la cosa trovata in un libro per cui ho riso di più in tutta la mia vita

    RispondiElimina
  4. Ciao Duck, sono sempre da leggere con attenzione le poesie che ci proponi.
    E anche questa di Michele Serra, una poesia - come scrive Grazia - senza retorica, è da conoscere.
    Grazie cara Duck per questi tuoi mercoledì poetici!
    A presto,
    Lara

    RispondiElimina
  5. Michele Serra è un funambolo di idee con parecchi centri di gravita permanente.

    RispondiElimina
  6. Questa poesia mi ha fatto sorridere, molto bella l'immagine di questo piccolo "intruso" :). E bravo Michele Serra!
    Ed un grazie a te cara Duck perchè ogni mercoledì ci regali poesie speciali.

    un caro abbraccio

    RispondiElimina
  7. Invalidata e allettata dalla rottura di due costole, leggo con piacere i blog degli altri mentre lascio il mio in stand-by...bellissima poesia, spietata e vera, finalmente sincera senza le retoriche nauseanti che spesso circondano l'argomento. Interessante il punto di vista 'maschile'... lo sguardo allo stesso tempo 'esterno' e coinvolto - anche 'freddamente emozionato', se questa immagine puo' avere un qualche senso. Non conosco Michele Serra, ma uno che nella sua mente vede un tapiro allo spiedo e' qualcuno che senz'altro si e' immediatamente guadagnato il mio interesse...ciao Duck, molto belle le tue creazioni!

    RispondiElimina
  8. @ giacy.nta: io non sono madre ma sento che quello è davvero il punto di tutta la questione: l'amore per un figlio è davvero non negoziabile.

    @ Grazia: sì, hai ragione. Nella sua bellissima analisi del dipinto, Roberta parlava di quel processo misterioso e commovente che si attua in ogni donna che deve "imparare" ad essere madre; un processo che - parrebbe dire Serra - non solo avviene anche per il padre, ma avviene fin da subito, al solo vedere spuntare l'alieno.

    @ Chiara: pensa che invece io quel libro non l'ho letto (nonostante i ripetuti inviti a farlo da parte della Spia, che di Serra si sente una sorta di figlio adottivo). Ora mi hai fatto venire una voglia irresistibile di farlo!

    @ Lara: grazie a te, Lara, per essere sempre qui di mercoledì (e anche negli altri giorni).

    @ Alberto: bella quest'immagine dei diversi centri di gravità permanente, e molto vera, anche - almeno pare.

    @ Iulia: grazie! Pensare che all'inizio credevo che queste poesie del mercoledì potessero non interessare nessuno...

    @ Cheyenne 2007: oh povera! Ti scrivo. Un abbraccio

    RispondiElimina
  9. Su Michele Serra non mi sento di poter dire nulla, essendo Egli in un certo senso anche il mio "papà": colui che, senza saperlo, ha cresciuto e affinato il mio sofferto "stare al mondo", e cercato in ogni modo di dargli un senso, pur sapendo che purtroppo un senso non ce l'ha.
    A beneficio di Chiara, mi limito a citare la frase di "Tutti al mare" che ha avuto per me lo stesso effetto dell'immagine del tapiro allo spiedo, e di cui mi pare sia parente prossima: "Spiagge avare, stente, difese disperatamente dall’infinità di moli che tentano di smorzare l’erosione dei flutti. Regno della balneazione per famiglie, dove echeggiano a pochi centimetri dalle orecchie i garruli richiami delle madri ai fanciulli: “Luca, non fare il bagno. Luca, non stare al sole. Luca, non stare all’ombra. Luca, non giocare con la sabbia. Luca, perché non giochi con la sabbia? Luca, mettiti la maglietta. Luca, togliti la maglietta”. Amici mi hanno raccontato di avere addirittura udito, all’isola d’Elba, un terrificante “Luca, non ridere”.

    RispondiElimina
  10. @ Spione: non so Chiara, ma io ti sono molto grata per questa citazione.
    (Ehi, ma hai scritto Egli con la E maiuscola! Se lo sapesse Serra credo ne sarebbe piuttosto sconcertato).

    RispondiElimina