
La mia è, sotto molti punti di vista, una tipica mamma italiana: un'ottima cuoca che ha sempre veicolato attraverso il cibo preparato con le sue mani quelle attenzioni e quei sentimenti di accudimento, amore e protezione che altrimenti non avrebbero trovato altra espressione tangibile (la mia mamma è timida e ha ricevuto un'educazione virante al calvinista).
Come tante madri italiane un po' all'antica, anche la mia è convinta che una donna che non sappia cucinare o che decida di non fare figli non sia praticamente degna di essere considerata una donna a tutti gli effetti: di questi bizzarri esemplari che per lei sono donne mancate spiega ogni mancanza e pecca con l'apodittico commento:
"Ma sai, non ama cucinare/non ha voluto fare figli".
Mia madre, pur professando ad alta e lamentosa voce la preoccupazione che noi tre figlie, che non sapevamo bollire un uovo e non mostravamo nessuna intenzione di voler imparare a bollirlo, non avremmo mai trovato un uomo decente disposto a sposarci, per tutta la nostra infanzia e adolescenza non ci ha mai concesso di entrare in cucina e soprattutto di aiutarla a cucinare (e dunque di imparare).
In quello che, evidentemente, ha sempre considerato il suo unico regno e ambito di eccellenza, nell'unico campo in cui non temeva il confronto con noi (più giovani, più intraprendenti, più istruite, più libere), non ci ha mai concesso alcuno spazio.
Tenendo ben stretto in mano il mestolo, come una regina il proprio scettro, ci ha tenute per anni in una condizione di pressoché assoluta ignoranza.
Uscita di casa, dunque, come ho più volte raccontato, non sapevo praticamente cucinare niente di commestibile e per i primi tempi la cosa non mi ha preoccupato.
Poi, quando inopinatamente la curiosità e la voglia di imparare hanno cominciato a farsi sentire, mi sono rivolta soprattutto ai libri e, in seconda battuta, alla mia mamma.

Gelosa custode della sua cucina, la mia mamma non lo è mai stata infatti delle sue ricette, ché anzi, anche all'estraneo conosciuto alla ASL o alla commessa del supermercato è sempre ben lieta di svelare il segreto delle sue leggendarie fettine di carne impanata, la ricetta dell'ottima torta moka, le astuzie che accompagnano la lunga e laboriosa preparazione della torta al formaggio.
Farsi dare una ricetta da lei è dunque quanto di più semplice ma anche, al tempo stesso, quanto di più complicato si possa immaginare: bisogna armarsi di pazienza e di un lungo foglio di carta, perché mia madre divaga, apre parentesi tonde quadre e graffe, salta un passaggio che poi recupera a metà ricetta, racconta di quella volta in cui la maionese impazzì, il gelato venne strabiliante, litigò con mio padre per l'arrosto, scambiò il sale con lo zucchero etc etc.
Insomma, se non potete fare a meno di chiederle una ricetta fatelo, ma tenete dei calmanti a portata di mano.
Quel che la mia mamma mi ha insegnato, però, è che chi cucina - che sia una donna o un uomo, aggiungo io - è una persona adulta che sa badare a se stessa e, alla bisogna, anche agli altri; un essere umano più completo di chi invece, magari a 50 anni suonati, dipende ancora da altri per la sua sopravvivenza fisica.
Chi sa metter su un piatto di spaghetti o di minestra e lo fa magari anche con abilità e gusto - aggiungo sempre io - è poi, nel suo piccolo, un benefattore dell'umanità.
E un'altra cosa, anche, la mia mamma mi ha insegnato: che per cucinare bisogna sempre avere in casa alcuni ingredienti di base, un kit essenziale senza il quale diventa davvero difficile prepararsi anche un pranzo frugale.
Questo kit non potrà prescindere da alcuni prodotti fondamentali, ma potrà leggermente variare, a seconda dei gusti e della storia di ciascuno.
Per me, per esempio, esso comprende sicuramente almeno una bottiglia di latte (una casa senza una bottiglia di latte nel frigo mi mette subito una grande tristezza: mi parla di intolleranze alimentari, di regimi dietetici, di rapporti tormentati col materno, di ricordi infantili penosi) e non meno di 250 gr di ricotta. Senza timore di apparire un'esagitata fanatica, io proporrei addirittura la beatificazione di chi ha inventato la ricotta: un formaggio magro, non è una meraviglia?
E se non vi va di mangiarvela così com'è perché non vi dice granché (o uomini e donne di poca immaginazione!), provate a cuocerla in forno.
Baked ricotta da
Forever Summer di
Nigella Lawson
per 2 persone (o 3 di modesti appetiti)
:
250 gr. di ricotta (a me piace di capra)
1 albumetimo frescoscorza di mezzo limonesale e pepeolioPreriscaldate il forno a 180°.
Lavorate la ricotta e riducetela in crema.
Con una frusta, sbattete l'albume: non dovete farne una meringa, dunque adagio: basta che non sia proprio liquido ma acquisti un po' di consistenza. Unitelo alla ricotta.
Aggiungete un po' di timo fresco e la scorza del limone.
Condite con sale e pepe.
Ungete appena con l'olio d'oliva una tortiera (io ne uso una di 20 cm di diametro), versateci dentro il composto di ricotta, livellate con un cucchiaio, aggiungete ancora un po' di timo, zigzagate con altro olio e fate cuocere per circa mezz'ora + qualche minuto di grill.
Non vi aspettate un soufflé: come si vede dalla foto, quel che vi ritroverete nel piatto sarà una mezza frittella.
Ma una frittella che vi darà grande soddisfazione, credetemi, facendovi sentire, al contempo, sani e morigerati.
Praticamente santi.
Enjoy!